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Salvini-Di Maio, due errori uguali e contrari nei loro confronti

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Dimenticate, per un solo momento, il fatto che l’alleanza gialloverde vi piaccia oppure no, che vi sentiate vicini o invece lontanissimi dal duo Salvini-Di Maio, che il famoso contratto di governo vi sembri una buona idea o una boiata pazzesca. Il ragionamento che cerco di fare in poche righe – infatti – vale qualunque sia il vostro atteggiamento rispetto all’alleanza tra Lega e M5S.

Vedo due errori all’orizzonte, tra loro uguali e contrari.

Da una parte, tutto un establishment che, a corpo morto (Totò avrebbe detto: “a prescindere”), sembra schierato contro il nuovo governo. Ed è quanto meno paradossale: perché buona parte di queste élite, fino a quando (dieci giorni fa, mica dieci anni fa!) sembrava che potesse andare in porto l’accordo tra grillini e Pd, era lì a magnificare il patto, a spiegarci quanto era rassicurante Di Maio, quanto seri i suoi consiglieri, e così via. La rassegna degli editoriali dei giornaloni (lo ripeto: fino a poco più di una settimana fa) era un concerto di violini tzigani. Appena le cose hanno preso una piega diversa, i violini sono diventati tromboni. Ma occhio: basta che il governo duri qualche mese e inizi a fare nomine piccole-medie-grandi, e vedrete che tornerà il suono melodioso (e interessato) dei violini. Tutto questo dà ancora una volta la misura di una classe dirigente italiana allo sbando, senza bussola.

Il secondo errore, uguale e contrario, è quello di grillini e leghisti, una parte dei quali sembra eccitata da questa contrapposizione con il resto del mondo, compiaciuta dell’isolamento (nazionale internazionale) che accompagna la partenza della loro avventura. Ma questo è l’approccio settario che una nuova maggioranza non dovrebbe mai avere: dovrebbe cercare – semmai – di aprire contraddizioni e scompaginare il vecchio establishment, non di “godere” nel vederselo compattare contro.

Vi basterà seguire su Twitter e sui social alcuni (per fortuna solo alcuni!) profili di noti sovranisti per trovare (giova ribadirlo una volta di più: al di là delle idee) questo approccio dogmatico e sprezzante. Errore pesante, che altri sovranisti più saggi cercano di evitare, almeno per due ragioni.

1) Perché un governo nascente può avere presto un momento difficile, e non è il caso di trovarsi senza sponde, senza interlocutori, senza alleati.

2) Anche le più grandi vittorie anti-establishment si ottengono solo se abbracci e convinci un pezzo della classe dirigente più sperimentata e credibile. Il referendum Brexit fu vinto dal Leave quando l’estremismo di Farage fu solo una delle voci in campo, debitamente marginalizzata, mentre in primo piano arrivarono i volti più seri e credibili del mondo conservatore, thatcheriano, pro mercato.

L’Inghilterra non è l’Italia, com’è noto: ma si tratta pur sempre di un esempio da tenere presente.

Daniele Capezzone, 21 maggio 2018