Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha un concetto ambiguo della proprietà privata. Nel caso di un furto in casa ritiene che la difesa, della borsa o della vita, sia sempre legittima e, dunque, chi si difende a mani nude o con un’arma da taglio o da fuoco ha ragione perché la vita e la proprietà sono libertà individuali che non possono essere messe in pericolo. “Chi sbaglia – ha ripetuto tante volte il ministro – paga”. Nel caso delle cassette di sicurezza e dei soldi o dei preziosi e comunque dei patrimoni che le cassette custodiscono, le cose, però, cambiano. “In Italia ci sono decine, forse centinaia di miliardi fermi nelle cassette di sicurezza”, ha detto il ministro dell’Interno nel salotto di Porta a Porta, “noi possiamo rimetterli in circolo. Posso farmi pagare un’imposta…” e via su questa falsariga.
La differenza rispetto al primo caso è palese: se ti entra in casa un ladro sei legittimato a difenderti da solo e a sparare, ma se ti entra in casa lo Stato e mette le mani sui risparmi in che modo ti puoi difendere? Nel primo caso la proprietà privata è considerata giustamente sacra, nel secondo caso la proprietà privata è a disposizione dello Stato che ti entra in casa o in negozio come un ladro che ha un mandato speciale: tassarti, tassarti, tassarti e dinanzi al Signor Fisco improvvisamente crolla il dogma della legittima difesa e della intangibilità della proprietà privata.
È strano, ma vale la pena far rilevare il paradosso che la stessa figura ministeriale e politica del leader leghista incarna al meglio. Salvini, a sentirlo parlare, ha un solo obiettivo: la sicurezza degli italiani. Ogni provvedimento e ogni dichiarazione sono a tutela della sicurezza degli italiani e il suo fortunatissimo slogan è “prima gli italiani”. Tuttavia, la sicurezza non è un bene né infinito né a totale disposizione dello Stato. Infatti, accade così: più aumenta il potere di sicurezza statale e più diminuisce la libertà individuale; più aumenta la sicurezza statale e più diminuisce la sicurezza dei cittadini. Insomma, la sicurezza portata oltre un certo limite diventa insicurezza.
Forse, Salvini non se n’è accorto ma ieri sera dialogando con Bruno Vespa sull’idea di mettere le mani sulle cassette di sicurezza degli italiani si è trasformato per gli stessi italiani – “prima gli italiani” – nel ministro dell’Insicurezza. “L’Italia – ha detto il ministro in uno slancio di affetto – è piena di soldi tenuti sotto il materasso”. Non lo so, proprio non lo so se gli italiani hanno i soldi sotto il materasso. Invece, Indro Montanelli, che i suoi connazionali pur li conosceva bene, sosteneva che gli italiani sono affezionati al risparmio casalingo e si fidano poco degli investimenti e del governo. Ecco, uno dei motivi per cui gli italiani si fidano poco è dato proprio dall’atteggiamento mostrato dal ministro dell’Interno: “Posso farmi pagare un’imposta”. Così, su due piedi, anzi, seduto comodamente in poltrona ma comunque in modo arbitrario.
La proposta di Salvini, che sembra riprendere un’idea del procuratore Greco, è solo un’ipotesi di scuola o una reale possibilità di varare una patrimoniale? Al momento non è dato sapere perché qui, un po’ come al tempo di re Carlo, tutto è fatto, appunto, alla carlona, s’improvvisa, la si butta lì a casaccio “per vedere l’effetto che fa”, come cantava Jannacci. Se la proposta va avanti e si fa strada e non ci sono granché opposizioni, allora, si va avanti; altrimenti, la si ritira, finisce nel dimenticatoio o si può sempre dire che era solo un’ipotesi, tutt’al più uno scherzo. Ma tutto questo non conta.
Qui l’unica cosa che conta davvero è capire che il rapporto tra Stato e cittadini si basa sulla reciproca sfiducia: il primo ritiene che i cittadini siano sudditi, i secondi vedono nello Stato un ladro che da un momento all’altro ti può entrare in casa, ti può tassare e sequestrare ciò che vuole e non è disposto a riconoscerti che la difesa è sempre legittima. Matteo Salvini trasformandosi nel ministro dell’Insicurezza rappresenta al meglio questa perenne relazione pericolosa che c’è tra lo Stato e gli italiani.
Giancristiano Desiderio, 12 giugno 2019