La corsa al voto

Salvini, il geniale capopopolo che non è diventato statista

9.8k 82
generica_porro_1200_3

Non c’è uno più frainteso di Salvini. Bestia, cannibale, truce: chi? Lui? Con quel faccione lì? Ma chi vuol credere che un milanesone così potesse battersela con i razzisti abissali della risma di Stalin o Hitler? Al massimo, lui si scioglie per Putin, con tanto di maglietta pop: uno dei suoi peccati di gioventù che non finisce mai. Salvini è rimasto un ragazzone indeciso a tutto, lui ascolta ascolta e poi gli restano nelle orecchie le parole dell’ultimo che ha sentito. Disperatamente bisognoso di farsi apprezzare, da Mattarella in primis, ma questa è fatica sprecata, vorrebbe amare e farsi amare da tutti, questa è la verità; anche dai migranti che, a torto, gli imputano di voler sterminare. Tutta fuffa, il Pd gli spediva contro i provocatori a gettone, le Carola, i Casarini (per l’ennesima volta bruciato con vane promesse elettorali) e poi gli faceva una proposta che non si poteva rifiutare, a mezzo magistratura: caro Matteone, o la galera o il governo. Voi che avreste deciso?

VERSO IL VOTO:
leggi lo speciale di nicolaporro.it sulle elezioni

E così la sinistra postcomunista, sempre un po’ comunista, lo ha dissodato dal suo interno. Salvini “il truce” è diventato un orsacchiotto alla mercè prima di Conte, poi, soprattutto, di Draghi. Di lotta e di governo – ma di governo, più si accaniva a garantire qualcosa e più gliela facevano apposta: “Mai più lockdown!”. Zàcchete il lockdown. “Mai discriminazioni sul vaccino”. Tàcchete, chi non si vaccinava perdeva il lavoro. “Sostegno alle imprese!”. E la ignobile gestione di Draghi-Speranza finiva per decimare le imprese, odiate dal Pd, base elettorale dei Capitone. Che così perdeva emorragie di consensi, perché nessuno capiva più cosa cazzo stesse a fare in un regime che pareva fatto apposta per fottere lui. A un certo punto gli hanno pure distrutto lo spin doctor, il povero Luca Morisi che si faceva i fatti suoi senza commettere alcun reato, ma si sa come funziona a sinistra: prima ti sputtano, poi ti lascio andare, tanto sei finito.

E siccome il ragazzo Matteo si baloccava molto coi social, infilando anche parecchie topiche, tipo quella del citofono che forse gli costò l’Emilia Romagna, o l’altra del Papeete che davvero poteva risparmiarsi, ha finito per restare senza copertura. Da allora, solo infortuni e progressiva irrilevanza. Fine della gioiosa macchina da guerra gastronomica, quelle orgie di tortelloni, focaccione, salamelle, un estenuante tour de force che faceva schizzare il colesterolo a livelli sora Lella. Uno lo seguiva su Twitter e faceva indigestione. “Gotta continua” a un certo punto ha dovuto farsene una ragione: gli italiani stringevano sempre più la cinghia, causa coprifuoco politici, e poteva lui continuare a farsi vedere con una fetta di prosciutto penzolante davanti alle fauci?

VERSO IL VOTO, le interviste
Ruggieri: “Il centrodestra ora firmi un patto anti-lockdown”
Marattin: “Draghi non ha le valigie pronte. Così tornerà premier”
Romeo: “Rivedere le sanzioni a Putin. Senza gas non ce la faremo”

E così il profeta della Nutella è rimasto senza identità; poca lotta, molto governo, gli è riuscito un miracolo double face, prendere la Lega sbossata al 4% e portarla al 32-35% e ritorno: oggi si teme un risultato a una cifra e poco è servito far piazza pulita, specie in Veneto, dei dissidenti; lo aspettano al varco e stavolta, dovesse andar male, neanche i consigli del suocero Denis Verdini lo salveranno. È inseguito da fantasmi putiniani, dalla fronda interna, dall’indecisione caratteriale: oscilla fra un ritorno con Berlusconi e uno da Conte: tutto pur che non stravinca Giorgia, la sua più cara nemica.

Altra strategia alla polenta: se oggi Salvini non ha più peso, se le sue dichiarazioni passano come acqua pisciarella, deve ringraziare solo se stesso. Almeno la Meloni aveva l’alibi della opposizione, più teorica che reale: Salvini però nel governo ci stava con tutte le scarpe e con tutti i ministri, e non può chiamarsi fuori dallo sfacelo vaccinale, sociale, economico: poi si può tirarla lunga con la balla della vigilanza interna, ma gli autori di cotanto disastro erano alleati suoi. E Salvini e la Lega in due anni non hanno detto una parola chiara sul o meglio contro i lockdown, i ricatti, le discriminazioni, le persecuzioni per chi veniva abusivamente marchiato come novax.

VERSO IL VOTO, i ritratti di Max del Papa:
Enrico Letta, il miglior alleato di Meloni (senza uno straccio di idee) 
Pincerina Di Maio: l’ex spiantato divenuto sistema
Calenzis, i politici-influencer che rivogliono Draghi

A un certo punto, la Lega era diventata, e per molti versi lo è rimasta, più draghista del Pd stesso. Col segretario come sempre ondivago e tentennante. Ma diciamola come va detta: esaurita (e subito vanificata) la sua funzione di contenimento degli sbarchi, Salvini non ha saputo più ritrovare il bandolo, le sue proposte suonavano sempre più improbabili, come la guerra aperta ai rivenditori autorizzati di canapa light, qualcosa che il grosso dei cittadini, per molte ragioni, non capisce e considera di irrisoria importanza. Lui, di conseguenza, tendeva ad occuparsi di tutto, specie di ciò che non gli compete, con accenti moralistici, ma finendo per incidere su niente; è la sindrome che coglie presto o tardi (prestissimo, nel suo caso), gli uomini forti al comando: una improvvisa incapacità di intercettare come prima gli umori popolari, la coazione a ripetersi, lo sbagliare i tempi e i modi.

Salvini non è privo di attenuanti psicologiche: logorato da attacchi anche meschini, bassi, miserabili, come quello inscenato a suo tempo al Salone del Libro, sa che i giudici lo puntano, che Mattarella lo detesta, che l’Europa lo vuole morto, che alleati e opposizioni lo stanno stritolando. Ma qui si testa la statura di un leader e Salvini, alla prova dei fatti, non ha saputo crescere, non è riuscito in quel salto di qualità da capopopolo a statista, cinismo incluso. Oggi si dibatte fra il sostegno atlantico all’Ucraina e certe suggestioni troppo recenti per essere dimenticate; anche se lo Zar veniva leccato più dai compagni, Letta, Fratoianni, Rizzo, che da lui. Ma è questione di propaganda e sulla propaganda Salvini ha perso, ha chiuso. Lui ridimensionato, la colata d’odio ereditata da Berlusconi è passata, fisiologicamente, alla nuova ragazza, Giorgia Meloni. La scuola è quella comunista, in tutto e per tutto e non finirà mai. Ma la Meloni sembra essere più corazzata e autosufficiente e non basterà dipingerla come strega a farla arretrare così come accaduto al Matteo padano, uno che dicevano truce ed era buono come pane e Nutella.

Max Del Papa, 4 settembre 2022

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version