Doverosa premessa: se Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia fossero d’accordo su tutto probabilmente avremmo un partito unico e non tre. Nel Pd le correnti si fanno la guerra un giorno sì e l’altro pure, figuratevi se all’interno del centrodestra non possono esserci “sfumature” di posizione. Però l’intervista di ieri di Matteo Salvini andata in onda a Sky Tg24 è insieme un avvertimento e un monito a Giorgia Meloni. Un modo per segnare una distanza netta tra il Carroccio e quella che potrebbe essere la prima premier donna del Belpaese.
Le tensioni sulla guerra in Ucraina
Che Meloni e Salvini non la pensino allo stesso modo su guerra e sanzioni è ormai cosa nota. Per il leghista “il dibattito sull’utilità delle sanzioni è aperto“, così come i due non si ritrovano sulla necessità e l’intensità dell’invio di armi all’Ucraina. Certo Salvini ripete che “la posizione internazionale dell’Italia non si cambia”, visto che è “fortemente radicata con i Paesi occidentali, la Nato e con la libertà”, però si mostra scettico sulle scelte fatte dagli alleati e dall’Ue. Critiche che Meloni si guarda bene dall’avanzare. “Se si vuole andare avanti con le sanzioni, che non stanno funzionando, va bene – è la tesi del leghista – Ma l’economia russa sta recuperando posizioni, e il fondo monetario internazionale prevede che la Russia guadagnerà a fine anno 227 miliardi di dollari”. Meloni risponde che l’Italia non sarà “l’anello debole della Nato” (“se l’Italia si sfila dagli alleati, per l’Ucraina non cambia niente, per noi moltissimo”) e per ora il confronto sembra rinviato. Ma tornerà a galla e, se davvero Mattarella dovesse affidare l’incarico al centrodestra, bisognerà pure trovare un punto di sintesi.
Debito o non debito, questo è il dilemma
Punto di contatto che per ora manca anche sulle soluzioni alla crisi energetica. Ieri, per la prima volta dall’inizio di questa campagna elettorale, Salvini è stato chiaro e diretto: “Sull’intervento immediato la vedo in maniera diversa rispetto a Draghi e Meloni”. Una frase che da una parte dà il via ad una mini-polemica tutta interna al centrodestra e dall’altra cerca di presentare la leader di Fratelli d’Italia come una continuazione dell’agenda Draghi, pur essendo FdI l’unico partito di opposizione del governo dell’ex banchiere. La Lega infatti vorrebbe aumentare il deficit per sostenere famiglie e imprese contro il caro bollette, ipotesi già scartata sia dal premier in carica che da quello in pectore. Salvini metterebbe 30 miliardi di euro “a debito” piuttosto che “perdere un milione di posti di lavoro”; Meloni invece no, o almeno non adesso, visto che “siamo indebitati oltre misura”.
Sfumature, si dirà. Che però iniziano ad essere sempre più marcate. Sanzioni, armi all’Ucraina, debito pubblico e ovviamente anche legge sull’autonomia cui “Giorgia Meloni non può dire ‘nì'”. La forza del centrodestra è che abbiamo un programma comune”, ribadiscono i leader in coro. “Ci sono sfumature” ma “sui cardini, tasse, riforma delle pensioni e del lavoro, siamo d’accordo”. La domanda è: riusciranno anche a trasformarlo in realtà?