Salvini vittima sacrificale dell’inconsistente politica estera del governo

La storia insegna che scaricare gli amici non porta bene

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Il “Russiagate” è la tempesta perfetta per isolarci e certificare l’assoluta inconsistenza del governo in balia dei servizi di sicurezza di mezzo mondo, dalla Cia al Fsb erede del Kgb, passando dal Dgse francese al Bnd tedesco. Un disastro che ha tolto definitivamente all’Italia quell’aura di autorevolezza che ha contraddistinto, sia pur in tempi diversi, tutti gli esecutivi.

Abbiamo un gruppetto di governanti senza strategia che guerreggiano via Twitter tra di loro, alla ricerca continua di photo-opportunity da postare. In testa Giuseppe Conte, gira il mondo a nostre spese per raccogliere bigliettini da visita, poi il Ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che invece non lo gira affatto, asserragliato alla Farnesina e troppo occupato ad autocandidarsi per uno strapuntino a Bruxelles. Poi ci sono i due vice premier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, in cerca di protezioni internazionali che si rivelano dei veri boomerang, gestiti appunto da intelligence straniere che vogliono solo destabilizzare l’Italia. Basta pensare allo zig zag del Capitano tra Mosca e Washington sferzando colpi alla Cina, o alla corsa in Francia di Giggino Di Maio per dare solidarietà ai “gilet gialli”.

Questa compagnia di giro, visto che gli altri Ministri sono ridicole comparse, ci sta pericolosamente allontanando dall’Europa e dal mondo. Assenti completamente in Africa, in India ed in Sud America, non sappiamo più con chi stiamo, ed essere tra i fondatori dell’Europa è ormai solo uno slogan. Con Russia, Stati Uniti e Cina, amici o nemici a seconda degli avvenimenti di cronaca.

La politica estera italiana è stata sempre un punto fondamentale d’incontro tra i due principali partiti della Prima Repubblica, Dc e Pci ma anche nella seconda tra Forza Italia e il PD. Alleati degli Usa, atlantici eppure i primi a portare le nostre aziende nell’Unione Sovietica. Gianni Agnelli, omaggiato dai Presidenti americani ed ancora di più dalle First Ladies, ha avuto l’appoggio per costruire in Urss un grande stabilimento nell’era Krusciov.

Nella politica verso il Medio Oriente, Giulio Andreotti e Aldo Moro sono stati dei campioni nel tenere un filo sottile tra arabi e palestinesi, con un occhio di riguardo sempre verso Israele e l’aiuto di personaggi mitici dei nostri servizi a partire dal colonnello Stefano Giovannone. Con la Libia, grazie a intuizioni prima del vecchio Sid di Roberto Jucci con il “Piano Hilton” e di manager come Giuseppe Ratti, suocero di Alessandro Profumo che inutilmente guida la gloriosa ex Finmeccanica, e poi di Berlusconi, siamo riusciti per anni ad avere un rapporto privilegiato con Gheddafi, che ha fatto la fortuna dell’Eni. Oggi a Tripoli e Bengasi siamo caduti nel ridicolo ‘gigionando’ tra Haftar e Al Sarraj.

Il Vaticano, infine, è stata una sponda formidabile per tessere la tela dell’Italia attraverso i rapporti non solo con i Pontefici ma anche con la Segreteria di Stato e le Nunziature. Ora a mala pena i leader riescono a portare le loro famiglie in gita premio nei Sacri Palazzi. La vittima sacrificale di questa politica estera senza testa, prestigio e strategia diventa Matteo Salvini, che rischia di venir travolto dai pruriti e dai trojan alimentati ad arte da Washington, Mosca e Pechino con il solo scopo di azzoppare un leader colpevole di avere la fiducia degli italiani.

Ha solo un modo per uscire dall’angolo: mandare a casa questo branco di dilettanti ed andarsi a prendere la maggioranza del Parlamento. Il Presidente Mattarella ha capito che la situazione è sfuggita di mano e non vuole una nuova stagione di veleni o di governi tecnici. Tornare al voto è l’unica soluzione possibile. Ma Salvini, in evidente crisi di nervi, non dovrebbe, come sta facendo, rinnegare il suo sodale Savoini. La storia della Prima Repubblica insegna che porta male.

Luigi Bisignani, Il Tempo 14 luglio 2019

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