Quanto vale un passaggio a Sanremo? In termini mediatici è inestimabile, chi sale sull’Artiston lo fa come parte di un pacchetto che, vada come vada, prevede serate, programmi, ospitate, insomma: affari. La Chiara Ferragni inc. è una azienda e anche per lei se gli affari non crescono, diminuiscono. E arriva la crisi. Sull’impero dei Ferragnez non tramonta mai il sole ma la loro condanna è dover fare sempre più soldi, sempre più soldi a costo di trovate discutibili, di gusto pessimo, di sostanza evitabile. Quindi ben venga Sanremo e ben venga Amadeus che infine si è deciso a scritturarla: della quale cosa l’interessata si dice (a Repubblica, what else?) superfelice, perché Ama è supergentile, superprofessionale, secondo il linguaggio afasico, ma iperbolico, delle influencer.
Incognita compenso
Quanto vale un passaggio a Sanremo, quanto costa? Chiara non fa chiarezza, si guarda bene dal rivelarlo – meglio scoprire le chiappe che gli altarini, al tempo si era parlato di trentamila euro, cinquantamila euro, in fondo son solo due serate in cui, non sapendo lei ballare né cantare, come Rocky Balboa, ma neanche lontanamente presentare (e quindi la sua presenza all’Ariston sarà un fallimento), le metteranno in bocca un monologo di ipocrisia edificante. Comunque sia, niente che non si ammortizzi con un paio di selfie alle tariffe attuali. Quindi Ferragni fa molta impresa con poca spesa nell’annunciare che devolverà il cachet in beneficenza.
Questa della munificenza è una moda molto invalsa nei cosiddetti vip: una moda e un modo per farsi ulteriore pubblicità, diciamo un investimento. Ricordate quando il marito, il cantante sanremese Fedez, girava sulla Maserati a tirar buste di spiccioli (non suoi, raccolti dai purtroppo fan) ai barboni? Filmato con tecnica professionale, naturalmente. Ci ha campato per settimane. Il gioco è scoperto quanto antico: si mette l’anima in cassaforte, si tacitano le critiche, sì, saranno quello che saranno, ma “fanno del bene”. Anche quando si lasciarono sfuggire l’oscena sceneggiata del compleanno, di lei o di lui, al supermercato, chili e chili di derrate che svolazzavano nel delirio dei devoti, che le scagliavano ovunque, le spiaccicavano in un baccanale demente, lei nel carrello sepolta di buste di insalata e surgelati, roba poi inservibile e, alle prevedibili polemiche, lui, il Fedez, che in lacrime con la suocera diceva: e adesso che facciamo? Diciamo che la diamo in beneficenza?
La beneficienza sbandierata
Beneficenza, tutto si fa per te. Attraverso te, mediante te. Di solito, queste somme non precisate finiscono in altrettanto vaghi calderoni: associazioni umanitarie, Ong, sodalizi, e non se ne parla più; ogni tanto salta fuori qualche scandalo, nella migliore delle ipotesi non si forniscono termini e proporzioni della “beneficenza”, ma che importa? Basta il pensiero, come si dice. Io stesso ne ho memoria professionale: ai tempi del LigaJovaPelù scrivevo su un periodico musicale e i tre furbastri fecero un’orrenda canzoncina pacifista, “Il mio nome è mai più”, annunciando che l’incasso sarebbe stato devoluto in fatidica beneficenza. Non si seppe più niente e quando ci azzardammo a chiedere i conti, tenuto conto che la canzone risultava prodotta da una casa discografica parte di una più estesa multinazionale attiva anche nella fabbricazione di ordigni bellici, ci venne solo risposto: traditori, fascisti. Anche dagli interessati.
La associazione “in difesa delle donne” beneficata da Ferragni sarà senz’altro degnissima, ma è da vedere se una mancia a una realtà qualsiasi serva davvero al sostegno delle donne (o dei bambini, o dei migranti, o del pianeta…). Di sicuro, c’è dietro un calcolo perfettamente valutato: la prima cosa che Chiara ha avuto cura di fare, è stata annunciare urbi et orbi il suo proposito in modo da venire intervistata da giornali e televisioni. Anche Bill Gates, l’apostolo delle genti, quando sgancia qualcosa fa in modo che lo sappia subito il mondo intero: intanto, batte cassa con la Ue e impone vaccini, carni sintetiche, tutto ciò che serve a “salvare il mondo” e, soprattutto, a cambiarlo secondo la sua mentalità distopica. E voi, figli miei, che non siete padroni di un cazzo, neanche di fare beneficenza perché i governi che si succedono possono oscillare da sinistra a destra ma hanno sempre in testa l’idea meravigliosa: lo stato prima di tutto, prima di voi, lo stato che decide di mantenere la bestia che è, che con una mano vi aiuta, vi fa la beneficenza, e ve lo dice, e con l’altra ve la toglie mantenendo le accise sul carburante che vi permette di lavorare, di vivere.
Il fenomeno Ferragni
Voi, povera plebe sempre pronta a battere le mani dall’idolatria e i piedi dal freddo – le quindici, le diciotto ore di fila in piedi avanti all’Ariston per un sorriso della Chiara mannara; voi siate furbi, non orbi: non cascateci. Non è un beau jest, è il gesto del cinismo. Non è una che ha fatto fortuna sponsorizzando la qualunque, infliggendovi bottigliette d’acqua di cannella a 8 euro, ciabattine cinesi a 150, pelliccette di animali scuoiati, chiappette sfoderate, partendo da un blog e poi costruita pezzo a pezzo, come un Frankstein, dalla madre un tempo top manager, dall’ex fidanzato top manager, non è una così che può parlare a nome dei più o meno disgraziati che siete. Questa è una che rappresenta solo se stessa, i suoi affari da “imprenditrice digitale”, formula altisonante per dire una bacheca pubblicitaria vivente, una che ha investito sul suo corpo, su quello dei figli, sulle ecografie, su tutto ciò che si muova o che almeno abbia sopra stampato un marchio.
Altruismo peloso
Una che considera Sanremo come un diritto acquisito, una semplice fermata tra due affari, e che si vanta di non saperci fare niente ma l’unico comandamento cui obbedisce è “goditela”. E lo dice, e ne mena vanto. Per cui c’è bisogno, come cantava un tempo il Pelù, di “sciacquarsi la coscienza con un po’ di beneficenza”. Ma non c’è altruismo peloso che tenga, tutta questa è gente che vive nel momento, slegata da retaggi, tradizioni, senso morale, scrupoli di sorta. È gente figlia di quella relativizzazione assoluta che Benedetto XVI temeva, e difatti lo fecero fuori. Al Sanremo monopolizzato dal Pd, dagli impresari piddini, passa Ferragni col suo messaggio egocentrico, con la sua beneficenza egolatrica; forse c’è del vero nelle voci, per quanto pazzesche, che la vorrebbero prossima candidata del Pd e il Festival è solo un rito di passaggio.
Max Del Papa, 12 gennaio 2023