Cultura, tv e spettacoli

Sanremo, Fedez nuoce gravemente al Pd

La sinistra in crisi si aggrappa ai Vip: Ferragni femminista, Fedez anti-meloni, il sacerdote Amadeus. Ecco perché nessuno li vota più

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Il mio è un appello all’Europa del Nord e direttamente a Frans Timmermans che di cose serie se ne intende. Facciano un po’ di attività di lobby, senza passare dal Qatar magari, per approvare una nuova direttiva: l’obbligo di apporre un’etichetta sul Festival di Sanremo quando partecipa Federico Lucia. Questa: “Fedez nuoce gravemente al Pd”.

Lo dico per il loro bene, del tutto disinteressato. Anzi: se questa regola dirigista passasse, Meloni dovrebbe iniziare davvero a cercare voti invece di attendere sulla riva del fiume le spoglie di quelli che abbandonano per disperazione la sinistra. Già, perché l’assalto sguaiato di ieri sera di Fedez, che in diretta mondiale ha mostrato una foto del viceministro Bignami vestito da gerarca nazista, sta eccitando a tal punto le penne democratiche che è arrivato il momento di far capire loro che la dose annuale di Ferragnez è in realtà dannosa per la salute: dà euforia iniziale, una botta di vita pazzesca. Ma poi lascia le macerie, un’area culturale moribonda piena zeppa di intellettuali chic e poverissima di seguaci. Voti: zero.

Prendete l’esempio di Fedez. L’ultima volta che il cantante è finito insieme alla moglie sotto le luci della ribalta politica era il maggio del 2021. Lo ricorderete tutti, inutile dilungarsi. In quei giorni si discuteva di ddl Zan e diritti omosessuali, dunque il fluido-per-necessità (di marketing) Lucia decise di mettere su una polemicuccia sul nulla. Preparò un discorso anti-Lega, che si opponeva al disegno Lgbtqxyz+, finse una presunta censura della Rai e alla fine disse ciò che voleva in omaggio al fluidisticamente corretto. Bene, bravo, bis. Ma cosa successe dopo? Semplice: il Pd si schiantò in Parlamento, il ddl Zan finì nel cestino e un paio di anni dopo al governo ci troviamo Giorgia Meloni e Matteo Salvini. L’incubo dei Ferragnez.

Possibile che la famiglia da oltre 30 milioni di follower non sia riuscita a spostare gli equilibri? Possibile. Anzi: alla fine dei conti ha prodotto l’esatto opposto. Il primo maggio del 2021 la Lega era al 21,2%, Fratelli d’Italia al 17,9%, Forza Italia al 6,8% e il Pd al 20%. Due anni dopo, nel pieno del Festival della Nuova Resistenza (poi ne parleremo…), FdI è salita al 30,6%, la Lega si attesta all’8,7% e Forza Italia al 6,4%. Totale centrodestra: nel 2021 era al 45,9% e nel 2023 siamo al 45,7%. Differenze? Al netto dei movimenti interni tra partiti, nessuno. Cosa è cambiato nel frattempo? Che il Pd è calato al 14,8%.

Ecco perché l’orgasmo precoce di Francesco Merlo su Repubblica di oggi dimostra meglio di ogni altra analisi la crisi della sinistra accecata dai vip. “C’era più calore femminista nella Sanremo di Chiara Ferragni che nelle primarie Pd di Elly Schlein”, dice Merlo, “più verità antirazzista in Egonu che in Fratoianni“. E poi Amadeus leader della Nuova Resistenza, Benigni costituzionalista, Gianni Morandi saggio, l’anarcoide Blanco che “vilipende lo stato ottusamente inflessibile” di Nordio. Merlo è così convinto che Sanremo possa essere “la colonna sonora della democrazia” che si dimentica di due dettagli. Primo: 10 milioni di telespettatori sono tanti, ma sono effimeri e comunque sempre meno dei 13 milioni di voti raccolti dal centrodestra alle urne. Secondo: spenti i riflettori, finite le polemiche, tutto torna come prima. Gli artisti, pagati per far parlare di sé, tornano nelle loro torri dorate; nelle periferie invece resta tutto così com’è.

Infatti nei luoghi dimenticati delle città magari guardano pure Sanremo e sognano il vestito da migliaia di euro di Ferragni (che non potranno mai permettersi). Magari si divertono pure con gli assalti sguaiati di Fedez e i suoi testi misogini. Ma poi votano Meloni. O si astengono. Perché mai una ricca influencer, un maleducato rapper e una pallavolista lamentosa dovrebbero mai rappresentarli?

Giuseppe De Lorenzo, 9 febbraio 2023