Ne riparleremo meglio domani, nella cronaca della seconda serata, ma una cosa si può già dire: il Sanremo forse più esangue, più mortifero di sempre ha fatto meglio dei precedenti che già erano cadaverici. In poche parole il Lampadato spento Conti fa due milioni più del duo Ama e Ciuri. È la conferma che il Festival del nulla circolare non è seguito con cognizione di causa ma in modo indotto, pavloviano. Non i cantanti e le canzoni (da gran tempo) inesistenti, ma quello che passa il convento; e se il convento passasse il segnale orario lo guarderebbero inebetiti, senza occhi, per quella sorta di chiamata alle armi di cui si diceva, per il potere militare della sovrastruttura conformistica e propagandistica.
Sanremo si autoadempie, è un “in sé” come tale aprioristico, acritico. In particolare il Lampadone, sorta di intelligenza artificiale senza guizzi, supera l’Allampanato del quale si piangeva la dipartita dalla Rai con accenti da prefiche, come quella del Domani che un anno fa si angosciava, “Amadeus non andare via, a rimetterci è il servizio pubblico”. Servizio pubblico Sanremo? Ama è andato via e in breve si è disperso nelle nebbie della presunzione, hanno preso uno ancora più scialbo, anodino, e fa i 12 milioni abbondanti della prima contro i 10 e mezzo dell’anno scorso. Di media, ma il picco supera i 13, uno su due che si fa male a vedere ‘sta fetenzia non obbligato dal dovere professionale.
E va bene che la concorrenza desiste, hanno perfino mandato Jerry Scotti, ma qui c’è un altro dato di fatto: la moltiplicazione dei canali e dei satelliti, delle alternative teoriche, la smart tv con le sue infinite scelte, conta poco e niente: si resta sul generalista, tasto 1 del telecomando, passa Sanremo che è peggio del segnale orario, diretto da un Lampadato che è più smorto di un avatar, e scatta l’obbligo civile, mentale. Certo giornalismo di servizio dovrebbe andare a nascondersi, invece domani ci spiegheranno che la vera riserva del servizio pubblico è Conti, sotto la tintarella niente. Ma non è così per tutto? Anni, decenni a pompare i cambiamenti climatici, l’auto elettrica, poi, dalla sera alla mattina: ah, noi ve l’avevamo detto che era tutto sbagliato, tutto falso.
Giornalismo senza ritegno, ma la stessa comparazione sul quinquennio precedente ha del clamoroso, a suo modo: la gestione Ama non si schioda mai dai 10 milioni e spiccioli all’esordio, salvo il calo del 2021 con “appena” 8 milioni. Qui siamo ai 13! E per l’edizione più squallida e confusionaria mai trasmessa. Mezz’ora a Jovanotti che balla lo spirù! Continui problemi tecnici, conduzione a tre da villa arzilla, un festival anchilosato. Conti in realtà non fa che continuare, esasperandola, la formula di Ama: pura vasellina, nessun intoppo, zero imprevisti e dunque emozioni, tanto a ripetere “energia, energia” non si fa un soldo di danno. L’anonimato di tutto su tutto, la noia riconosciuta e se mai orgogliosa, l’orgia del potere conformistico che inghiotte la strampalata apparizione papalina: questo intendiamo dicendo di un festival “fascista”, qualcosa di difficilmente concepibile persino sotto il Minculpop, una concentrazione di poteri, laici, confessionali, burocratici, istituzionali, moralistici come le due scompagnate convinte di ricomporre le mille follie di Gaza cantando l’incommensurabile rottura di palle di Lennon, globalista ante litteram. E che vuoi possa venir fuori da una liturgia che fa rimpiangere la fissità tetra del sovietismo?
Conti, che forse aveva una seduta di raggi uva prenotata, si è anche sbrigato presto, ha chiuso 40 minuti prima lasciando campo libero al dopofestival dei provocatori di regime, dei ragazzini invecchiati, dei tappabuchi. Non c’è niente da salvare qua dentro e giustamente fa ascolti record. A drammatica dimostrazione che il giornalismo attuale è roba penosa, l’insinuazione: Conti normalizza per conto di Meloni. Cervellotica e insulsa interpretazione, perché va così da decenni come stabilito dalle logiche pubblicitarie e moralistiche. Semplicemente si è capito che meno succede e più la gente digerisce, pensare che un presidente del Consiglio in una temperie apocalittica come l’attuale raccomandi la narcosi a un Festival narcotico per sua natura, è da scemi.
Due anni fa c’era Mattarella in funzione monarchica e c’era Benigni a fare il giullare di corte, animo, si torna a respirare, il coprifuoco è finito, si recupera la Costituzione più bella del mondo! Sanremo è articolazione del potere ma per altri motivi, propagandistici. Elodie che è la negazione di qualsiasi significato ideale e politico leva il pugnetto smaltato e Conti, subito: “Siamo tutti antifascisti”. Ma sì, certo, anche la Meloni, lo ha appena ripetuto, antifascisti per dire state tranquilli, siamo dalla parte giusta, non diamo fastidio, siamo nell’omogeneità del regime tollerante e moralistico, familistico e perbenista. E lo premiano in 13 milioni, rassicurati, addormentati.
Max Del Papa, 12 febbraio 2025
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