Mentre ci dirigiamo verso la fine del Festival di Sanremo (in questi giorni, magistralmente commentato dal nostro collaboratore Max Del Papa), di una cosa abbiamo avuto l’ennesima certezza: la progressiva trasformazione del palco musicale più importante d’Italia a concertone del primo maggio. Un nuovo evento annuale politicamente orientato in salsa progressista e politically correct. Insomma – più semplicemente – di sinistra, anche radicale.
Dal monologo di Chiara Ferragni alle invettive contro il governo del marito Fedez, per poi passare alle furie di Blanco ed alla narrazione dell’Italia razzista di Paola Egonu, un altro caso ha posto al centro delle polemiche il Festival. E riguarda proprio la celebrazione del Giorno del Ricordo, in memoria dei circa 5.000 italiani infoibati dai comunisti della Jugoslavia di Tito.
Quasi l’intero scacchiere politico, passando dal centrodestra al Terzo Polo, aveva richiesto a gran voce ad Amadeus di commemorare gli esuli e le vittime delle violenze titine. Il conduttore però qualche giorno fa era rimasto sul vago: “Ci sono tante ricorrenze nella settimane del Festival, noi non possiamo fare tanti momenti di ricordo, su questo tema vedremo cosa fare nella giornata di domani”. Quasi come a dire: non ci abbiamo pensato o ancora non abbiamo deciso.
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Poi però, al crescere delle richieste, e pare dopo un invito da parte dei vertici Rai, Amadeus ha dovuto cedere. E così, cercando in qualche modo di riparare l’irreparabile, ha cambiato versione: il ricordo degli esuli istriani, ha detto, “era previsto prima dell’inizio del Festival ma visto l’intervento dei politici lo ufficializzo oggi”. Una coincidenza molto particolare, posto il fatto che proprio 24 ore prima era stato lo stesso conduttore ad ammettere che nulla era ancora deciso.
Ma non è solo questo. In tanti hanno notato che il Ricordo dedicato alle Foibe è stato alla fine decisamente stringato, appena 3 minuti e 42 secondi. Un minutaggio decisamente inferiore rispetto agli 8 minuti messi a disposizione dell’attivista iraniana Pegah con Drusilla Foer, per non parlare ovviamente di altri inutili monologhi (leggasi Ferragni). Non solo. Molti si domandano: possibile che, se era davvero “tutto già previsto prima del Festival”, non abbiano trovato un attore, un regista, un parente di un esule che potesse fare un monologo simile a quello dell’iraniana Pegah? E se davvero era tutto “pronto”, anche il confronto dei testi lascia a desiderare. Pegah e Drusilla hanno portato un testo originale, scritto da loro, su cui evidentemente hanno lavorato a lungo. Per le Foibe invece Amadeus si è limitato a leggere un brano tratto da un libro e poi una breve descrizione di cosa sia stato l’esodo che sembrava tratta da Wikipedia. O poco più.
Matteo Milanesi, 11 febbraio 2023