Sanremo, perché è democratico cacciare i vertici Rai

Gli italiani hanno votato perché una narrazione diversa da quella dominante trovasse spazio nei media, e anche a Sanremo

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Chiedere di cambiare i vertici della Rai, far dimettere e sostituire chi ha responsabilità sui programmi, come stanno facendo in queste ore diversi esponenti di Fratelli d’Italia, è sacrosanto, ma non per i motivi che vengono quasi sempre addotti. Non perché, cioè, non sia stata esercitata un’azione di controllo preventivo sui contenuti che ha messo in scena Fedez. Gli artisti e gli uomini di spettacolo non vanno controllati dai politici o da chicchessia: essi devono poter esprimersi liberamente e dire tutto quel che pensano con il solo limite del codice penale e, se possibile, della buona educazione.

Cambiare il prima possibile, e senza troppi compromessi e indugi, quei vertici è invece sacrosanto perché essi, con le loro scelte che non si limitano al caso Fedez, stanno dimostrando di avallare una visione della cultura iper-politicizzata e monodirezionale che è propria di una parte minoritaria (per quanto influente) del Paese.

Le forze politiche che della cultura e dello spettacolo hanno una visione opposta sono oggi maggioranza nel Paese ed hanno diritto, senza che si gridi al Minculpop, a che la loro visione trovi espressione anche al livello del potere mediatico e culturale. È la democrazia. Votando in larga maggioranza per il centrodestra, gli italiani hanno votato anche perché una narrazione diversa da quella predominante trovasse spazio nei media e perché ci fosse un minimo di pluralismo in più. Come, d’altronde, dovrebbe essere naturale in un “servizio pubblico”, che in quanto tale non può essere privatizzato da una visione del mondo unica e totalizzante.

Per approfondire:

C’è chi, ragionando in un’ottica liberista, vorrebbe che la Rai fosse privatizzata, che tutto fosse affidato al mercato, che il consumatore libero di scegliere decidesse se cambiare canale o se addirittura spegnere la tv, come ha furbescamente suggerito Amadeus a Salvini. Qui però, caro Amadeus, è che si vuole privatizzare l’offerta e i relativi guadagni ma con i soldi publici. Il che francamente non può andare bene né per un liberista né per uno statalista. Cambiare al più presto i vertici della Rai non significa censurare nessuno ma dare spazio a tutti, anche a chi vorrebbe da Sanremo, per esempio, solo spettacolo e canzonette e non conformistici pipponi moralistico-pedagogici.

Liberare la cultura, renderla autonoma, lo si fa, in ultima istanza, in un’ottica liberale di distinzione fra le sfere delle attività umane, non politicizzandola. Una distinzione che farebbe bene sia alla cultura e allo spettacolo, i cui prodotti sarebbero valutati unicamente per il loro valore artistico,  sia alla politica, i cui messaggi non sarebbero spettacolarizzati e banalizzati dal contesto in cui vengono lanciati. A ben pensarci, era questo che voleva dire il segretario della Lega nel contestare la presenza di Zelensky (poi depotenziatasi) al Festival di Sanremo.

Corrado Ocone, 12 febbraio 2023

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