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Sardine, dietro gli slogan il nulla

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Le chiamano microtax, sono la polvere di balzelli sulle merendine, le plastiche, le auto aziendali e su tutto quello che può venire in mente e tutte insieme mascherano una megatax. Se ne vergognano tanto da seppellirle sotto una grandine di milleseicento emendamenti. Tanto da rimpallarsene la responsabilità. Tanto da annunciare continui ripensamenti, rinvii, aggiustamenti, insomma: campa cavallo. Sono, insomma, la grande truffa del governo del popolo Giuseppi 2 che si rifugia nel solito assistenzialismo punitivo per i ceti medi, le partite Iva, i lavoratori autonomi. In totale armonia con l’impostazione cigiellina, dell’agitatore Landini, che si sta già costruendo una prossima carriera come presidente della Camera e anche qui siamo nel risaputo, nel già visto mille volte. Già questo basta e avanza per sconfessare qualsiasi pretesa di novità.

Ma, di fatto, vengono sostenute da un movimento sedicente spontaneo, talmente fiero della propria percezione stucchevole, “le sardine”, da avere subito depositato il marchio. Dobbiamo a Daniele Capezzone la conferma di quello che immediatamente in tanti avevamo sospettato e cioè che, lì dentro, di fresco, di spontaneo c’è poco, c’è niente: la retorica bolsa dei quattro amici della generazione Erasmus al bar, che si trovano per caso e, quasi folgorati, decidono di “dover fare qualcosa” per arginare la pulsione neonazifascista di Salvini e compagnia, si sfalda alla dimostrazione che queste quattro marionettine in realtà risultano a vario titolo connessi a virgulti della prima Repubblica quali Romano Prodi e Alberto Clò: la narrazione proposta, e subito dilatata dai giornali di potere quali Repubblica, si risolve in un castello di balle edificanti, ma non basta: la presunta freschezza delle giovani sardine in cosa si risolve, oltretutto?

In una pulsione delegittimante degna dell’Anpi, età media 90 anni, negli slogan ammuffiti, qualcuno proponeva sui suoi profili social la solita foto a testa in giù del solito Salvini, per dire roba da macelleria messicana, da piazzale Loreto, Salvini come Mussolini. Ma, provenendo da sinistra – altro che “non siamo di nessun partito, siamo ragazzi spontanei -, la si potrà rubricare come iperbole, secondo l’insegnamento della scrittora abbacadora Michela Murgia.

Gente di trent’anni che si rifà alla mistica antifà, che sostiene un potere tassatore e nulla più, che si schiera in branco ittico sotto la direzione di arzilli ottantenni. Per chi ha abbastanza calendari sulle spalle, questi giovanotti e signorine ricordano molto le sardomobili della pubblicità della Vespa, tutte inscatolate nel traffico; anche nella propulsione carrieristica, i leaderini già in processione nelle televisioni di regime, prontissimi a discettare, ad impartire lezioni di etica e di politica dall’alto della loro esperienza di giocatori di freesbee, organizzatori di ciclopercorsi, viaggiatori, ma con l’expertise giusta di quei bravi fanciulli con l’espressione giusta, da leopoldini o a vario titolo piddini (non cascateci: alla fine, tutte queste scissioni sono lana caprina, scontano l’irrefrenabile storica passione per la fronda, le carognate da Politburo, i tatticismi dei furbissimi che si tafazzano da soli, ma restano sempre dentro la casa madre, e, se ne escono, son subito pronti a rientrarvi, vedi alla voce Laura Boldrini).

Anche le trovatine sono stantie, le solite formulette goliardiche da Pantera o da Dams, “Modena non si Lega”, “Bologna non si Lega”, pensa un po’ che creativi, e il “Capitano sì ma come Schettino”, uno responsabile dell’affogamento di 32 persone. Per dire che Salvini è un assassino, che fa annegare i migranti. Invece quelli che naufragano adesso, con la gestione illuminata Conte-Di Maio-Lamorgese, vanno bene, non entrano nel computo, sono incidenti di percorso. E questo sarebbe un modo nuovo, giovane di interpretare lo spirito del tempo?

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