Sardine e Carola non hanno più tempo per gli immigrati

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Sono letteralmente scomparsi. Non si vedono e non si fanno sentire i volontari “sardine” (con o senza cerchietto), né le capitane speronatrici, neppure i supermedici senza frontiere. Fuori ai loro palazzi non si sono visti lenzuoli per invocare il blasonato “restiamo umani”. Si sono dissolti nel nulla gli appelli e il sostegno a chi sta soffrendo anche fuori dagli ospedali per la fame e la miseria. Sono gli uomini, le donne e i bambini che hanno voluto far arrivare in Italia senza la possibilità di accoglierli: lo stigma dell’accoglienza non può saziare le vite di contrabbando il cui arrivo è stato difeso come un dogma.

Quanti sono i clandestini in Italia? Difficile dirlo con esattezza, perché a prescindere da ipotesi e calcoli più o meno sensati, essendo immigrati irregolari inevitabilmente non risultano in alcun registro. Fantasmi in carne e ossa, quindi. Eppure, esistono.
Attenendoci a quanto dichiarato quest’autunno dal capo della polizia, Franco Gabrielli, potrebbero essere 1.993.466, ovvero il 3,3% della popolazione in Italia. Secondo le stime Ismu, al 1 gennaio 2018 gli irregolari, cioè gli stranieri privi di titolo di soggiorno, erano “appena” 533mila. Nel 2017 l’Italia ospitava tra i 500 mila e i 700 mila migranti irregolari. È quello che riporta, invece, un rapporto del think tank americano Pew research Center, secondo cui il dato è in aumento rispetto al 2014, molto probabilmente a causa del flusso continuo di richiedenti asilo in arrivo in Italia fino al 2017.

Numeri da capogiro, e per quanto sia praticamente impossibile decretare quali  siano le cifre più attendibili, resta che sono vite che vagabondano per il nostro Paese. A qualcuno è saltato in mente dove siano adesso, in che condizioni igieniche, nell’Italia in quarantena, dove tutto  è chiuso? Forse erano solo vite che valevano quando c’era da fare propaganda.

Di immigrazione i soloni del buonismo a senso unico hanno smesso di occuparsi. Anche se le ONG non sono state messe in quarantena, l’unica informazione emersa dal dicastero guidato da Luciana Lamorgese ha riguardato la circolare con la quale tutti gli atti, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020 presso gli sportelli unici per l’immigrazione, sono prorogati di validità fino al 15 giugno 2020. Sulle altre questioni riguardanti l’immigrazione, è caduto un velo di silenzio.

Eppure, in tempi di emergenza nazionale, non è un argomento secondario: al contrario, tra possibili nuovi sbarchi, centri di accoglienza affollati e potenziali bombe sanitarie all’interno delle varie strutture, i rischi non sono pochi. Così come quello della sicurezza legata alla fame che tutti questi clandestini già soffrono.

Nel nostro Paese è pieno di posti dove il virus è lasciato libero di viaggiare. Le baraccopoli e i campi profughi non meritano forse di avere misure per contenere l’epidemia e fermare il contagio? Sono tante le perplessità rispetto ad un mondo, quello degli irregolari, che denuncia ancora una volta solo la dimensione ideologica della faccenda, e che evidenzia come non ci sia niente di “più umano” in un’accoglienza che non è in grado di prendersi cura. Gli immigrati, improvvisamente, sono un problema che non esiste, sebbene rappresentino una bomba ad orologeria che rischia di favorire la ripartenza del virus.

In Francia, a nord di Parigi, in settimana è stato fatto sgomberare un campo profughi in cui “abitavano” 700 clandestini. Le autorità sono intervenute dopo le massicce lamentele dei residenti nella zona preoccupati che quell’insano luogo di assembramenti abusivi, dove promiscuità e assenza di igiene regnavano, avrebbe contribuito a diffondere il nuovo coronavirus nella capitale francese.

L’operazione svolta nell’ambito della mera lotta alla diffusione del virus, ha fatto trasferire i clandestini in una grande palestra. Dall’aperto al chiuso, ma cosa è cambiato per quegli uomini, donne, bambini? Anche se in Francia garantiscono che saranno controllati per verificare il contagio, s’intravede una punta di razzismo in queste misure, ma non si può dire. O qualcuno sarà disposto finalmente ad ammettere che l’Europa non è in grado di occuparsene, e l’accoglienza è solo ipocrisia sulla pelle di centinaia di migliaia se non milioni di persone per nazione?
Anche perché mentre l’avanzata del nuovo coronavirus non si ferma e l’Italia è diventata un’intera zona rossa, non si sa come garantire condizioni igieniche normali e come evitare di estendere il contagio.

Nel frattempo, la modifica del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo ha condotto ad assiepare le persone in posti angusti, rendendo di per sé inadeguate le misure destinate alla loro assistenza. Un problema che c’è, e non dagli ultimi giorni: quello del sovraffollamento dei centri rappresenta una gravosa situazione già da prima dell’emergenza sanitaria, che adesso però rischia di esplodere. E dimostra, ancora una volta, quanto poco diligente oltre che poco rispettosa dei diritti di tutti sia stata in questi anni la gestione dell’accoglienza in Italia come in Europa.

Come si riuscirà, nel pieno di una crisi globale, ad individuare un programma con tutti i vari Prefetti del Paese per iniziare lo spostamento degli immigrati? In che modo verranno trovate le strutture idonee per ospitare centinaia di persone e far rispettare loro le misure di distanziamento sociale? Chi riuscirà a rispondere? Ma, soprattutto, come sopravviveranno?

In Italia, migliaia di irregolari avranno fatto provviste di cibo e soldi raccattati alla buona, ma quanto potranno sopravvivere  ancora? Qualcuno storce il naso per chi ricorda quanti vivevano di lavoro nero fino a poche settimane fa, proprio come i clandestini, e adesso rischia di non poter comprare neanche il pane in questa eterna quarantena. Facciamo finta che non esistono? Non sono forse esseri umani,  sono vite che non valgono o non sono degne?

Chi aiuterà queste persone, chi offrirà un pasto al giorno, come faranno a sopravvivere senza una rete familiare e sociale che li sostenga o che non può raggiungerle?
In altre parole, più si prolungheranno le misure restrittive volte al contenimento del coronavirus, più potrebbe essere evidente il problema relativo alla presenza di irregolari senza più nulla e senza nemmeno cibo. Ci troveremo clandestini, e non, moribondi per strada?


E non solo. Negli ultimi giorni, i nomadi in giro per l’Italia continuano a rovistare nei cassonetti in quasi tutti i quartieri della città, mentre subentra un’altra emergenza legata alla sicurezza: gli appartamenti vuoti delle case popolari presi d’assalto dalle famiglie rom. Sta accadendo soprattutto a Milano, dove qualcuno parla addirittura di 50 occupazioni nel corso delle ultime due settimane in varie zone della città. Un conto che i più stanno lasciando in sospeso, tanto aumenterà.

Tra degrado, assenza di sicurezza e violazione dei diritti umani, come ne uscirà questo Paese a un passo dall’anarchia? Resta, anche se non stupisce più di tanto, il silenzio e l’assenza di appelli da parte di chi si è intestato il successo e la promozione dell’accoglienza italiana. O forse basterebbe un “mea culpa”.  Ma si sa la propaganda regala istanze a tempo, quando servono.

Lorenza Formicola, 29 marzo 2020

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