Non so da dove cominciare. Se dalla fotografie di Michela Murgia, Roberto Saviano e altri “intellettuali” che si ritrovano al bar per sostenere l’autore di Gomorra in questa sua fantomatica lotta contro il potere. Oppure se dal delirante pezzo del nostrissimo, al quale viene concessa una paginata ogni volta una querela lo colpisce tra capo e collo.
Partiamo dalla fotografia e da quel delirante testo sull’Aula 15 dove si sono radunati “tant3” (cos che cosa?) scrittor3 per sostenere l’oracolo del politicamente corretto. Scrive Michela Murgia: “Matteo Salvini, un politico con responsabilità di governo, sta cercando di criminalizzare e intimidire – attraverso le querele d’opinione a Saviano – l’esercizio stesso del diritto di critica”. Il ritornello è sempre lo stesso e in fondo non si discosta molto da quanto già sostenuto da Murgia in merito al procedimento contro Saviano intentato da Giorgia Meloni, allora leader di minoranza e oggi premier, definita dall’autore una “bastarda”. Primo appunto: la “querela d’opinione” non esiste, come non esiste l’uso della schwa nella lingua italiana. Secondo appunto: ci sono frotte di giornalisti querelati in tutto il mondo che si difendono nelle aule di tribunale, presentando le proprie ragioni, e senza fare di tutto questo un cinema. Roberto non ha problema a pagare gli avvocati né, in caso di condanna, eventuali risarcimenti. Se poi ha ragione lo decideranno i giudici. Anziché alzare barricate, alla Murgia basterebbe attendere la fine dei processi. Così fan tutti.
E arriviamo adesso al Re del vittimismo. Premetto: in caso di espressioni forti, colorite o ritenute diffamanti da Saviano, lo invito a non querelarmi perché riterrei inopportuno che un affermato e ricco scrittore cerchi di intimidire uno squattrinato come il sottoscritto. Roberto è convinto che questo sia l’unico caso delle democrazie liberali “in cui il potere esecutivo chiede al potere giudiziario di delimitare il perimetro entro cui è possibile criticarlo”. Ma è una minchiata. Il delirio narcisista di Saviano, sostenuto e alimentato da Murgia&co., non gli permette di vedere ciò che è di fronte agli occhi di tutti. Ovvero che si tratta di banalissimi processi per diffamazione: nessuno lo impiccherà per le sue idee né gli chiederà pubblica abiura. C’è una legge che permette a chicchessia di presentare querela e funziona così: il pm indaga, chiede una pena, il giudice valuta e decide (magari pure a tuo favore). Poi tutti amici come prima. Mi spieghi, caro Roberto, cosa diavolo c’entra in tutto questo “mettere il proprio corpo a disposizione delle proprie battaglie”? Non sei andato in tribunale per difendere dei “diritti irrinunciabili”, ma – banalmente – solo perché il giudice ha fissato l’udienza. Se ne consumano a migliaia ogni ora in tutta Italia. Cosa ti rende così speciale? Il numero di copie vendute?
E poi con Salvemini, cui ti ispiri, non c’entri una mazza. Perché per quanto ti auto-consideri una sorta di perseguitato, in realtà in Italia vivi e operi liberamente: collabori col Corriere della Sera, ti ospitano sulla Stampa, a tempo perso ti intervistano su Repubblica. E poi trasmissioni tv, podcast, teatro, cinema e chi più ne ha più ne metta. Te lo assicuro: se criticare il “potere”, essere “denigrati e isolati da un governo feroce”, risulta così doloroso dal punto di vista professionale, quasi quasi ci provo pure io.
Giuseppe De Lorenzo, 2 febbraio 2023