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Scadenza Imu 2020, l’esproprio è servito

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Fra due settimane scadrà il termine per il pagamento della prima rata dell’Imu e non c’è periodo in cui la pesantezza e l’iniquità di questa imposta si siano manifestate di più. La crisi morde, i redditi vengono a mancare, le spese fisse non arretrano, ma i proprietari sono ugualmente costretti a far fronte alla patrimoniale sugli immobili. E così, il 16 giugno saranno chiamati a versare i primi 11 miliardi di euro dei 22 totali dovuti ogni anno.

Un’imposta patrimoniale ordinaria sugli immobili – ad avviso di chi scrive – è sempre un’iniquità, considerato che si tratta di un tributo di fatto espropriativo del bene colpito, il cui valore viene nel tempo inevitabilmente eroso. Ma stavolta l’iniquità sfocia nel paradosso, quando non nella beffa. Pensiamo agli immobili affittati. In questo periodo di crisi, non è infrequente (per usare un eufemismo) che i canoni di locazione – specie quelli riguardanti i locali commerciali (negozi, ristoranti, bar ecc.) – non vengano pagati dagli inquilini-esercenti per via dell’assenza di entrate. Ebbene, anche qualora la morosità si prolungasse per un anno intero, il proprietario sarebbe comunque tenuto a versare sia l’Imu sia l’Irpef e le relative addizionali sui canoni non riscossi. E nello stesso periodo, comunque, le rate di un eventuale mutuo continuerebbero a correre, così come quelle delle spese condominiali, ordinarie e straordinarie. E allora? Come si fa? Ci si vuole rendere conto che in molti casi il reddito da locazione è l’unica entrata di una famiglia? Se quell’entrata viene a mancare, quella famiglia dove prende i soldi per pagare le tasse?

C’è poi la questione degli immobili sfitti, vale a dire di quelli che i proprietari vorrebbero dare in locazione ma per i quali non riescono a trovare degli inquilini. Il numero, già alto, di locali commerciali in questa situazione è destinato ad aumentare dopo la crisi indotta dalla pandemia e dai provvedimenti di chiusura delle attività, ma anche quelli abitativi sono moltissimi. Anche in questo caso, il problema è sempre lo stesso, ma aggravato dalla situazione in atto: dove si traggono le risorse per pagare la patrimoniale? Qualche proprietario, negli ultimi anni, pur di sottrarsi all’Imu ha provato a cedere il suo immobile allo Stato (senza successo) o a ridurlo in rudere (rispetto al 2011, ultimo anno pre-Imu) i ruderi sono raddoppiati, passando da 278.121 a 548.148: sarà un caso?).

E che dire delle cosiddette “seconde case”, quelle che le famiglie utilizzano per uscire dalla città nel fine settimana o in estate, siano esse frutto di acquisti in località di villeggiatura o lasciti di genitori e nonni nel piccolo borgo dell’entroterra? Se si trovano fuori dalla regione di residenza, solo a partire da oggi possono iniziare ad essere raggiunte (quelle nei confini regionali le hanno precedute di poco). Nel periodo di inaccessibilità, però, l’Imu maturava e sarà dovuta anche se la mancata cura dell’immobile ha determinato danni che potranno essere riparati solo attraverso dispendio di energie e di denari.

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