La novità è di pochi giorni fa: l’Oms ha raccomandato due nuovi farmaci per la cura della Covid-19. Si tratta del Baricitinib e del Sotrovimab: il primo già usato per il trattamento dell’artrite reumatoide; il secondo è un cocktail di anticorpi monoclonali che sarebbe in grado di “mantenere la sua attività” anche contro la nuova variante Omicron. La cosa dovrebbe farci esultare. “Evviva”. Non solo perché un farmaco in più per la cura della malattia grave o critica, come il Baricitinib, è sempre un’ottima notizia. Ma anche perché il monoclonale Sotrovimab in questione, che può essere usato nei pazienti con malattia lieve o moderata ma ad alto rischio ricovero (come anziani, obesi, ipertesi e immunodepressi), viene prodotto in Italia.
In Italia, capito? Il problema è che, stando al Fatto Quotidiano, il monoclonale dallo stabilimento di Parma dove viene assemblato prende la strada degli ospedali americani. Il tutto proprio mentre i nostri nosocomi lo stanno finendo. Il ministero della Salute ne ha comprate poche dosi, non si capisce bene ancora il perché, e così le Regioni hanno comunicato all’Aifa di aver quasi finito le scorte.
Perché solo 2mila monoclonali acquistati?
Il bello è che l’annuncio della sua efficacia contro Omicron risale allo scorso 2 dicembre. Un mese e mezzo fa. Ok: fidarsi delle case farmaceutiche è bene, non fidarsi a volte pure meglio. Ma anche sui vaccini ci avevano assicurato percentuali di efficacia strabilianti per poi scoprire che nel giro di 6 mesi occorre fare almeno 3-4 dosi o diventa quasi inutile. Lo studio pre-clinico della Gsk produttrice del monoclonale parlava di una riduzione dell’85% del rischio ospedalizzazione o morte, mica male. Lo Spallanzani lo ha provato su un paziente Omicron e la cosa è andata bene. E in fondo l’autorizzazione dell’Aifa al suo utilizzo nei malati Covid, in quel caso infettati da Delta, era dello scorso 4 agosto 2021. Come mai allora, come riporta il Fatto, l’Italia ne avrebbe comprate solo circa 2mila dosi a dicembre?