Ora non è per tornare sul solito a caso, senza fare il nome la rockstar del giornalismo italiano, ma forse tipo Maneskin; il fatto è che siamo ormai alla Scanzeide, l’epopea di uno che ha sempre giocato e da allettante promessa, secondo qualcuno, è incanutito precocemente ma in quel modo sempre gioca jouer. Molte sarebbero le donne, i cavallier, l’arme, gli amori di questo aretino corretto alla panna molto montata, cantami o diva del Pelide Andrea, fin dai tempi di una gloriosa testata musicale ingloriosamente finita.
Per carità di patria, e di giornalismo, stendiamo un telo, ma grande come la Russia; limitiamoci agli ultimi due anni, riassunto delle scanzate precedenti: quando si scagliava eroicamente contro il Covid Sars 19 e, un Toti dell’infotainment, lanciava l’occhiale da sole contro l’ostacolo, “porca di quella puttana, lo volete capire che è solo un raffreddore”. Poi con naturale scioltezza cambiava prospettiva, in sincronicità junghiana con lo scatto del regimetto di Conte che, non sapendo cos’altro fare, la buttava in tragedia omerica chiudendo tutto: diventò lo Scanzi il più ardente dei narratori ufficiali, con ospitate ai protagonisti del regime, peraltro viste in percentuali imbarazzanti, nel suo talk show. Ebbe modo in quei mesi radiosi di parcheggiare un’auto al posto dei disabili, come in un film di Bergman; di saltare la fila vaccinale, come Gimbo Tamberi; di protestarsi caregiver, ma a distanza di sicurezza, Arezzo Bolzano no stop perché doveva farsi la settimana beauty farm. Giovinezza giovinezza, primavera di bellezza. Oddio, si fa per dire, c’è a chi Scanzi piace, a lui stesso per esempio.
Fioccavano le figure imbarazzanti, ma lui se ne pasceva senza fare un plissè: fregatene sciocco! Lanciatissimo, viveva spericolato meglio di Steve Mc Queen, era il periodo blu, il cubismo a 5 stelle di un Bel Andrì virato in talebano della sicurezza: più vaccini per tutti, a cominciare da lui, o meglio anzitutto per lui, poi se qualcuno restava in fila, razzi suoi; e più mascherine e mascheroni, anche se poi si sparava le pose col Blasco altrettanto integrato, ma tutti e due senza la pezzetta verde: so’ ragazzi, so’ ribelli, so’ rockstar. Blu Metilene, blu di furore: i novax, lo Scanzi boy voleva vederli cascare come mosche mentre si rimpinzava di birra e popcorn, dieta un po’ anni Ottanta.
Ma l’immaginario quello è: da parte sua, la ex ganza Lucarelli li stanava con smartphone fiammeggiante H24, li segnalava al mondo, attaccava turilla e al ristorante e perfino anche in tram, come il digestivo Antonetto, “Madonna quanto vorrei vederli ridotti a poltiglia verde”, arrivava al parossismo guerrillero, “Daniela Martani, la novax, m’ha tirato una pigna in testa”, rimediando un querelone perché al video della giudice a palette dell’umana moralità, l’altra rispondeva con un video che smentiva veracemente la narcisistica accusa.
E qui arriviamo alla doppia libidine scanzoide. Perché, già in clamorosa apnea di credibilità, ipse selfie ne ha combinata una davvero, davvero incredibile: beh, ma non ti va a sparare una foto di Salvini con Putin e, di lato, in un sofisticato effetto grafico, la frasaccia del Capitone su dissolvenza: “Staremmo meglio se avessimo Putin in Italia”? Il Matteo più detestato da quelli che si piacciono molto ma sempre più allo specchio, perché in realtà hanno rotto le balle, Scanzi, Guccini, Blasco, Michela Murgia, Saviano eccetera, ha replicato in fondo da signore, una ed una sola parola: “Poveraccio”. Ma era il sassolino che origina la valanga.
Perché dopo cinque secondi dalla scanzata mediatica per la rete s’è udito un ruggito, rumble in the social, con la vera foto: altro che dissolvenza, insieme a Salvini e a Mad Vlad chi ci stava? Conte e Di Maio, gli amici miei dell’aretino irriverente. Dissolvenza incrociata di ogni residua affidabilità, figurademmerda purtroppo indelebile, e un turbine di insulti da far impallidire, anzi dissolvere, le calunnie della Terza Internazionale contro la socialdemocrazia. Bestia che figura! I più colti si sono rifatti alla Corazzata Potemkin del Maestro Sergej M. Ėjzenštejn (l’occhio di Travaglio! Il baby Andy che si fa la scalinata alla rovescia in carrozzina! Lo smontaggio analogico del montato!), quando non ai fotomontaggi di Stalin che, grossomodo, funzionavano allo stesso modo; i naif, quelli di grana grossa, i semplicioni, i frequentatori di bar sport hanno ironizzato sul suo cognome, secondo quel vezzo infantile tipico di chi non ha idee, ha il senso dell’umorismo di una scia chimica e si rifugia nel banalotto quotidiano: senza fare il nome, Scanzi, per esempio. Uno lo ha definito “il Toninelli del giornalismo”, e fa male. Altri hanno riesumato la carognata di Churchill su Attlee, ricordate? “arrivò una berlina, si aprì lo sportello, non scese nessuno: era Scanzi”. Fermiamoci qua, per carità di patria. Perché questo ormai è un caso di salute pubblica.
E a questo punto ci preme dire che, eeeh!, oooh! aaah”, noi non ci stiamo. Perché è troppo comodo demonizzare Scanzi Boy come campione della disinformazione cabaret, delle fake news, e poi i debbunker, con due “b” che fa più romano, più Open, e seguirà dibbattito: noi stiamo con Andrea, ci crediate o no, e con solide ragioni. Se ha fatto quello che ha fatto, invadendo i social, è perchè è stato provocato; perché è colpa della Nato; perché il generale Custer; perchè l’occidente è fottuto, come diceva Franz di Cioccio a Jerry Calà. Perché chi ci assicura che la vera fake non fosse, invece, la foto con Conte e Di Maio insieme a Putin? Cioè, che la foto di Scanzi non fosse vera e su quella abbiano costruito un falso aggiungendo i due pentastatisti?
Eh no, capitto, cioè siamo ancora qua, siamo qui, pieni di guai, siamo solo noi, che twittiamo la mattina presto, ci svegliamo con la foto in testa, e ci diciamo: sarà una splendida giornata, da Lilli a Bianca, con tutte quelle tutte quelle ballicine. Pare che Blasco stia facendo un nuovo brano, feat. Andy Boy: “Sono Scanzi e ho la faccia di tolla/Sono la rockstar del taglia e incolla”.
Max Del Papa, 7 marzo 2022