Scavare buche e poi tapparle: storie di spesa pubblica

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Ricevo da un commensale questa bella lettera rivolta a Francesca Donato, del progetto Eurexit, e che rispecchia in pieno il senso di essere liberali oggi. 

Gentile Signora Francesca Donato, del Progetto Eurexit

Qualche sera fa ho avuto occasione di cogliere qualche secondo della trasmissione Stasera Italia su Rete 4 nel momento in cui lei affermava, tetragona, che sia “meglio qualsiasi spesa che nessuna spesa” intendendo, ovviamente, spesa pubblica.

Ai pochi secondi di gelo seguiti alla sua affermazione, che ha basito addirittura il suo vicino Bobo Craxi che pure ha una certa esperienza di famiglia di ultraspesa statale, per dare solidità alla sua sentenza concludeva con un “perfino scavare buche per poi tapparle” con un bel sorrisino di autocompiacimento.

Evito di farle notare che il paradosso di Keynes, da lei come da molti citato a sproposito, non è mai stato espresso in questa modalità. Altresì non vorrei scomodare Margaret Thatcher che, con la sua tagliente sagacia, affermò come non esistano soldi pubblici ma solo quelli che lo Stato ci prende.

No. Voglio invece raccontarle una storia, ascoltata qualche giorno fa, da un mio conoscente di una certa età. Parlava a voce bassa e quasi coi singhiozzi. Il nostro aveva una trattoria ben conosciuta. Non un ristorante stellato, una classica trattoria di periferia. Niente di che ma ci campavano due famiglie con qualche dipendente, non scavando buche ma producendo reddito e perfino pagando tasse e contributi.

Sette anni fa viene visitato da Agenzia delle Entrate che, come forse saprà, quantomeno dovrebbe, sin dai tempi del ministro Visco ha strutturato un sistema di accertamenti presuntivi calcolato su fattori di propria teorica valutazione come, per esempio, enumerare i tovaglioli di carta fatturati in entrata moltiplicandoli per i giorni di apertura ed ipotizzare quindi redditi non dichiarati.

Cose da far drizzare il baffo ad Orwell che pure era un malpensante.

Orbene. Con una di queste valutazioni al nostro vengono contestati 400.000€ non dichiarati. Stante una redditività (pure lei presunta) di Agenzia delle Entrate per i professionisti del 78% il signore in questione si sarebbe ficcato in saccoccia in un solo anno, 312.000 €. Conoscendolo, bastava dare un’occhiata al suo tenore di vita molto modesto per capire l’assurdità della questione, ma non funziona così. Per pagare chi scava buche e le deve riempire non si va tanto per il sottile.

Il nostro quindi fa ricorso ma il valutante esegue ancora meno verifiche e la bomba sale a un milione di ero, un po’ come l’assegno del Signor Bonaventura o il Quiz di Gerry Scotti e senza nemmeno l’aiutino da casa. Una bella buca da riempire, non c’e’ che dire, nemmeno si fosse a Roma.

Riassumo il risultato.

Non avendo mai visto tale denaro, come ovvio, l’azienda fallisce, la trattoria chiude, il nostro perde la casa venduta all’incanto a meno di 120.000 €, due famiglie senza reddito e niente più tasse. Nemmeno quelle che pagava prima e che non sembravano sufficienti alle presunzioni.

Il paradosso, altro che quello di Keynes da lei citato, sbagliato, è che ora il signore molto dignitoso, anche se distrutto nel morale, vive in una casa popolare pagata dallo Stato ovvero quello che pretendeva da lui follie economiche.

Ecco, follie economiche. Come quella di affermare che sia meglio continuare a estorcere denaro fino alla fine della dignita’ umana per sostenere qualsiasi spesa. Fino a scavare buche per poi riempirle.

Marco

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