Il caso a teatro

Schlein cavalca la Scala: “Identificateci tutti”. Ma la polizia sbugiarda il Pd

La Digos chiede i documenti al loggionista che ha urlato “viva l’Italia antifascista” alla Prima. I dem partono alla carica, ma la Questura smentisce

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Teatro Alla Scala antifascistajpg

Giusto il tempo di provare a cavalcare l’animo antifascista del loggione alla Scala che subito il Pd viene sbugiardato. Non da un ministro del fascistissimo governo né tantomeno da Ignazio La Russa, ma dalla questura di Milano che mette la parola fine alla più imbarazzante della Prime al teatro meneghino. Il signore che ha urlato “viva l’Italia antifascista” è stato sì identificato, come raccontato dallo stesso Marco Vizzardelli, ma non per chissà quale comando arrivato dall’alto o per il contenuto della frase. Banalmente, scrive la polizia, perché a teatro erano presenti numerose autorità e fuori nel pomeriggio vi erano state “manifestazioni di dissenso”. Dunque era necessario garantire che evitare che vi fossero “iniziative finalizzate a turbare il regolare svolgimento” dell’opera.

Breve riassunto da. Dopo l’inno di Mameli, tra la folla a teatro qualcuno ha gridato “viva l’Italia” cui, di rimando, ha risposto il giornalista 65enne con un sonoro “viva l’Italia antifascista”. “Durante il primo atto – ha raccontato Vizzardelli – sono stato avvicinato da un agente in borghese. Era buio, mi sono girato e sono trasalito un attimo, mi ha detto di stare tranquillo. Finito il primo atto, mi ha chiesto le generalità tirando fuori il distintivo. Io ho detto: ‘Scusi, ma perché? E me ne sono andato’. Sono arrivati in quattro durante l’intervallo: ‘Siamo della Digos e vorremmo le sue generalità’. E io: ‘Mi sembra un po’ strano’. Loro mi hanno risposto: ‘Purtroppo, se gliele chiediamo, è tenuto a darcele’. Io l’ho buttata in ridere e ho detto: ‘Se avessi detto ‘viva l’Italia fascista’ giustamente mi avreste legato e portato via’. A questo punto si sono messi a ridere e poi hanno detto: ‘Siamo perfettamente d’accordo con lei, ma abbiamo dovuto chiederle le generalità’. Ed è finita lì, ma intanto era successo”.

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Poi pian piano, forse nella noia assoluta di questo 8 dicembre, una notizia inutile prende i contorni della polemica politica. A cavalcare l’asino ci pensa ovviamente Nicola Fratoianni in splendida compagnia con Rifondazione Comunista e il Pd. Il partito di Elly Schlein arriva addirittura a condividere un post sui social in cui chiede di “identificarci tutti” e invita a rilanciare l’urlo “viva l’Italia antifascista”. “Continueremo a gridarlo, ovunque. Anche se non piace a Salvini. E adesso identificateci tutte e tutti”. Rilanciato ovviamente da Elly, per fortuna senza l’uso della schwa.

Partita l’edificante polemica social, ecco che la Questura è costretta – suo malgrado – ad abbattere l’entusiasmo dem. Perché “l’identificazione dei due spettatori presenti in galleria”, due quindi non solo Vizzardelli (anche quello che ha gridato “viva l’Italia?”) è stata effettuata “quale ordinaria modalità di controllo preventivo per garantire la sicurezza della rappresentazione”. Non c’entra niente cosa abbia urlato il signore in questione. “L’iniziativa non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase pronunciata – aggiunge la questura – ma dalle particolari circostanze, considerate le manifestazioni di dissenso poste in essere nel pomeriggio in città e la diretta televisiva dell’evento che avrebbe potuto essere di stimolo per iniziative finalizzate a turbarne il regolare svolgimento. La conoscenza dell’identità delle persone ha consentito, infatti, di poter ritenere con certezza l’assenza di alcun rischio per l’evento”.

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