Bastano due vittorie alle regionali per rinvigorire la sinistra e far sognare Elly Schlein. “Stiamo arrivando” è il messaggio della segretaria del Partito Democratico a Giorgia Meloni, non nascondendo la sua felicità per i dati di Emilia-Romagna e Umbria. I dem hanno una posizione di forza incontrovertibile nel campo largo, non ci sono dubbi, ma tutta questa contentezza pare immotivata. Forse anche lei ne è consapevole e per questo motivo ha subito rilanciato le ambizioni del Nazareno, annunciando una sorta di remake dell’estate militante – un flop senza precedenti, come testimoniato dai sondaggi – questa volta versione autunnale. Sì, perchè senza badare al buonsenso la Schlein ha annunciato di voler dare battaglia sulla sanità.
“Non resteremo a guardare lo smantellamento della sanità pubblica“, la filippica della Schlein: “Proseguiremo la mobilitazione che abbiamo fatto in queste settimane sulla difesa della sanità pubblica, continueremo ad andare negli ospedali e nei luoghi di cura. La destra vuole una sanità a misura del portafoglio delle persone, non non accettiamo che il servizio sanitario nazionale venga smantellato. L’autonomia differenziata rischia di dare il colpo di grazia alla sanità pubblica”. L’obiettivo è chiaro: provare a unire la sinistra almeno su un tema, considerando che su tutti gli altri è divisa. Ovviamente dopo il j’accuse della Schlein si è scatenata un’ondata di attacchi sulla sanità, dall’assistente civico Francesco Boccia al mai domo Marco Furfaro (lo stesso che qualche tempo fa ammetteva che “in passato la sanità è stata definanziata dal centrosinistra, è stato un grande errore”).
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Con che faccia? Sì, perché mobilitarsi sulla sanità appare un clamoroso autogol. Ci pensano i numeri a fare chiarezza: dal 2010 al 2019 tutti i governi, senza alcuna distinzione, hanno usato la forbice per ridurre i fondi destinati alla sanità. Non si tratta dell’osservatorio del centrodestra, ma è farina del sacco di Gimbe: tra tagli e minori entrate il Servizio Sanitario Nazionale ha perso 37,5 miliardi di euro tra il 2010 e il 2019. Qualcuno forse non ha ricordato a Elly che in quel decennio si sono alternati governi del Pd, tecnici e infine il Conte I e il Conte II. Quasi esclusivamente la sinistra.
Non basta? Prendiamo in considerazione l’analisi dell’Osservatorio CPI. Secondo gli esperti, dal 2008 al 2019 il finanziamento in termini reali si è ridotto di quasi l’1 per cento l’anno. Poi con la pandemia gli stanziamenti sono cresciuti del 5,6 per cento in termini reali ma limitatamente al 2020, tornando poi a decrescere. Con buona pace del tanto decantato Roberto Speranza. Per il 2024 il governo afferma di aver messo 134 miliardi di euro e secondo l’Osservatorio CPI le stime “sembrano suggerire un rimbalzo del finanziamento in termini reali”. Entrando nel dettaglio: “Dopo il minimo raggiunto nel 2023 (dato dalla combinazione del -4,6 per cento del 2022 rispetto al 2021 e -2,9 per cento del 2023 rispetto al 2022), il finanziamento in termini reali mostra un’inversione di tendenza, crescendo (se le stime si rivelassero corrette) del 2,6 per cento nel 2024, quindi quasi compensando il calo del 2023”. E ancora: dal 2019 a oggi sul fondo sanitario ci sono 22 miliardi di euro di differenza. Cinque anni fa lo Stato spendeva 1.919 euro per ogni cittadino sulla salute, mentre oggi ne spende 2.317.
Uno dei cavalli di battaglia del Pd è il calcolo della spesa sanitaria “in rapporto al Pil”, un dato che – secondo la segretaria dem – racconta meglio dei “valori assoluti” il reale finanziamento dei governi per gli ospedali. Tradotto: magari si spendono più miliardi dell’anno precedente, ma se in rapporto al Pil questo dato decresce, allora le cose non vanno bene. “I numeri che Giorgia Meloni ha dato, se me messi in rapporto al Pil, dimostrano che da quando lei è a Palazzo Chigi la spesa sanitaria sta scendendo fino ai livelli pre-pandemia e arrivando al minimo storico degli ultimi 15 anni”. Guardiamo allora ai dati “in relazione al Pil”. Sempre l’osservatorio Cpi ci spiega che sono tre le fasi in cui si può dividere la storia del finanziamento alla sanità in Italia: la prima arriva fino al 2008, con una fase di forte espansione del finanziamento; una seconda fase caratterizzata da un forte “rallentamento”, in cui gli incrementi di un miliardo all’anno “si traduce in una riduzione del finanziamento in percentuale al Pil”; e poi la terza fase, successiva alla pandemia (che fa capitolo a parte) fatta di tre anni di riduzione. A guardare il grafico proposto dall’Università Cattolica, non ci sono dubbi: il finanziamento agli ospedali in rapporto al Pil è calato sì nel 2023, ma anche negli anni 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 e, dopo la parentesi Covid, anche nel 2021 e nel 2022. Indovinate chi era al governo durante queste legislature?
Franco Lodige, 21 novembre 2024
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