Mi ha scritto una anziana dolce lettrice di Milano: “Non so perché, mi fa paura questa Schlein. Così, sensazioni”. Perché è cattiva, le ho risposto e lei: “Ecco, si sente a pelle”. Cattiva come chi agita lo stato, ossia il potere, come una clava. Cattiva come una ricca che pratica l’equità coi soldi degli altri, dei poveri. Reduce dalla manifestazione fiorentina “contro la violenza” in cui si è esaltata nel tripudio di cori per le foibe, Tito, Stalin, le Brigate Rosse e i fasci appesi, corre dal ciambellano di partito Fabio Fazio e che ti fa? Annuncia la redistribuzione dei redditi, la vecchia idea di tutti i marxismi, quello stalinista come quello maoista o cambogiano o da centro sociale idiota. Idea catastrofica, sempre sulla pelle di chi ricco non è.
Schlein è cresciuta nella bambagia comunista e non se lo dimentica: tutto in lei è curatissimo, è posticcio, dal look, trasandato ma di sartoria al genderismo strategico, agli slogan da ginnasiale rompicoglioni col dito alzato ma totalmente ignara di economia, di tutto. La redistribuzione come panacea, il grande incanto che aggiusta ogni diseguaglianza appiattendo il mondo. E se l’incanto non dura, perché non può durare, perché finisce subito, si ricomincia da capo coi soliti strumenti: saccheggiare la gente, ammazzarla di tasse. Ma che può saperne una sardina cresciuta nella top class tra l’America e la Svizzera?
Anche basta, su, Elly. Basta col succhiare sangue a un popolo anemico, basta con la requisizione autoritaria, l’espropriazione delle case sfitte, basta col torcere il mercato a fini clientelari che oltre tutto è una trovata stantia, sa di muffa, è il solito approccio rancido di sinistra: i borghesi, gli autonomi (non come banda armata), gli imprenditori producono e i loro “giusti profitti” si espropriano, si votano alla causa della redistribuzione. Che non è la pioggia d’oro dei soldi sparati al posto giusto ma la requisizione dal potere che poi li destina a suo piacimento. Un po’ come il commilitone politico di Schlein, il sindaco Gualtieri che a Roma, città con l’IMU più alta del mondo, compera a spese dei romani il centro sociale Spin Labs, suo bacino elettorale, abusivo, ladronesco, quello dove il cardinal elemosiniere mandato da Bergoglio scendeva “come un ladro nella notte” nei sotterranei a riallacciare la corrente staccata dopo un debito pregresso di trecentomila euro, pagati anche quelli dai romani; Gualtieri dunque requisisce, avoca, acquista il centro sociale e lo rende agli abusivi. Questo è il tipico concetto di redistribuzione della sinistra, confermato dall’assessore al Patrimonio e politiche abitative, Tobia Zevi che a Quarta Repubblica può dire: io mi occupo degli abusivi, degli irregolari, io devo pensare a loro. E non li chiama ladri di case perché non è fine così come Elly Schlein la segretaria non pronuncia la parola scabrosa, patrimoniale, ma è lì che va a parare.
Viene in mente Sergio Ricossa: “Professore, perché dove c’è la sinistra prima o poi sbucano le tasse?”. «Perché la sinistra ha la mania dell’interventismo in economia e per intervenire occorrono risorse, occorrono soldi. E cosa può fare un governo di sinistra se non mettere le tasse? Deve spendere e quindi deve incassare. Non c’è via d’uscita, peccato che a pagare siamo sempre noi». “E come mai in Italia c’è questa lotta alla ricchezza?”. «Ma che lotta alla ricchezza, tutti la cercano solo che i politici hanno la possibilità di rubarla agli altri, le persone comuni no. I politici hanno inventato una strana filosofia per la quale si può sottrarre la ricchezza a chi la produce senza neanche esserne incolpati. Anzi provando a far ritenere agli altri tutto questo come un atto meritorio e di giustizia».
Era la metà degli anni ’80, allora Ricossa ce l’aveva con Bertinotti che diceva “i ricchi devono piangere”, ma quarant’anni dopo, se cambiano le facce non cambia il messaggio, i ricchi debbono piangere specialmente se ricchi non sono. Hanno preso una sardina ricca e l’hanno messa a fare la paladina dei poveri. Una di quelle che sanno fare egregiamente una sola cosa, mandare in rovina un paese.
Max Del Papa, 6 marzo 2023