Intervistato dal Corriere della Sera, Luca Richeldi del Cts si lascia andare a un commento rivelatore. Un commento che spiega molte cose sul rapporto insano che si è stabilito tra tecnici e politici e che offre una chiave di lettura sulla politicizzazione dell’epidemia, oltre che sullo strapotere che i televirologi si sono autoattribuiti in questo anno. Dice Richeldi: “Avremmo pagato cara la riapertura di molte attività, come ad esempio lo sci. Altra questione sono i teatri, simbolo di cultura, luoghi di alto valore sociale”.
Prima considerazione: non suona un po’ strano che questi signori considerino sempre sporche e cattive le attività degli imprenditori del tempo libero? Ma qual è il problema? Li considerano evasori a prescindere? O li associano al popolaccio che, anziché starsene sulle mega terrazze del centro, vuol prendere un po’ d’aria in montagna? Alla “destra sudata”, per citare Gianrico Carofiglio? Per carità eh: viva la riapertura dei teatri. Ma il sospetto che il giochino sia “riapriamo i luoghi che piacciono al Pd, teniamo sbarrati quelli che indica la Lega”, comunque ti viene.
Ma c’è un altro elemento ancora più inquietante: quando Richeldi ci spiega che i teatri sono un altro paio di maniche, perché hanno un elevatissimo “valore sociale”. Toc toc, professore! Ma voi tecnici siete nel Cts per farci la morale? Per dirci cosa è essenziale e cosa non lo è? Per spiegarci che possiamo andare a teatro, perché quello ha un alto “valore”, ma non a sciare o al ristorante, perché quella è robaccia da Briatore? Viene in mente una canzone di Franco Battiato, Alexanderplatz, quando l’autore descrive le disposizioni pedagogiche del regime comunista a Berlino est, che rieduca il popolo spedendolo al teatro. E intanto, “lungo i viali” si sentono solo pochi passi, perché c’è il coprifuoco. Ecco: non è che dal Cts stiamo passando alla Ddr?