Arrivano flebili buone notizie per l’Italia, sul lato della crisi del gas, dovuta dalla guerra tra Russia ed Ucraina. Nella giornata di ieri, infatti, Eni ha scoperto un importante giacimento di gas, al largo delle coste di Cipro, esattamente a 160 chilometri di distanza dall’isola. Si tratta del pozzo di Cronos-1, ad una profondità d’acqua di oltre 2mila metri.
Secondo le prime stime, si tratterebbe di circa 2,5 trilioni di metri cubi di gas in più per il nostro Paese; tant’è che il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ha già avanzato la possibilità, da parte di Roma, di triplicare le proprie riserve, se solo adottassimo le stesse procedure che oggi applica l’isola di Cipro.
Insomma, il grande scoglio italiano pare essere, come sempre, la dilagante burocrazia, le regole ferree e cervellotiche che caratterizzano anche il mondo del gas. A causa di questo esteso impianto normativo, l’Italia è passata dall’estrarre, nei primi anni 2000, 20 miliardi di metri cubi all’anno, ai 3,3 dello scorso anno. E questo a fronte di ricchissimi giacimenti inutilizzati nel mare Adriatico.
La scoperta di Eni
Tornando alla nuova scoperta, il pozzo Cronos-1 rappresenta il quarto perforato da Eni nella zona, ma c’è il rischio che tutto ciò non possa bastare per far fronte alla crisi. Secondo l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, intervenendo nel corso del dibattito “Favorire la crescita e sostenere i più deboli” al Meeting di Rimini, la situazione vigente “si protrarrà più a lungo. Sarà fondamentale mettere in sicurezza il sistema europeo nel prossimo paio d’anni”. Anche per Tabarelli, infatti, nonostante le scoperte di nuovi giacimenti, “continueremo comunque ad aver problemi per 2-3 anni”. A dimostrarlo c’è il prezzo del gas: stamattina i future Ttf, riferimento del prezzo del metano in Ue, sono partiti da 291 euro, in rialzo del 5,15% rispetto ai 276,75 euro della chiusura di ieri.
Nel frattempo, secondo una stima del Mes, un immediato stop del gas russo verso l’Europa potrebbe portare ad esaurire le riserve nei Paesi dell’euro già a fine anno. In particolare, per Italia e Germania, si tratterebbe di una perdita di quasi il 3 per cento del Pil (specificatamente, 2,7 per cento), a fronte di una detrazione di un punto e mezzo del Prodotto Interno Lordo della zona europea. Lo ha dichiarato anche Berlino: “Abbiamo davanti a noi un inverno molto critico. Dobbiamo essere pronti al fatto che Putin riduca ancora di più il gas”, ha affermato il ministro tedesco di Economia e Clima, Robert Habeck.
Il piano di razionamento
I Paesi europei hanno già predisposto dei piani di razionamento. Negli uffici pubblici italiani le temperature già oggi non possono superare i 19 gradi in l’inverno e andare sotto i 27 gradi in estate. Ma qualora Putin dovesse tagliare del tutto le forniture, in attesa di renderci davvero indipendenti (servirà del tempo), il piano di emergenza prevede un terzo livello di razionamenti. Saranno coinvolti i cittadini, nelle cui abitazioni bisognerà ridurre di due gradi la temperatura e limitare anche l’orario di accensione. Le aziende energivore potrebbero non ricevere più l’energia di cui hanno bisogno per produrre. E i Comuni potrebbero dover ridurre l’illuminazione pubblica nelle strade e dei monumenti, fino al 40% totale dei consumi. Inoltre, potrebbe essere chiesto ad uffici pubblici e negozi di chiudere anzitempo: non oltre le 19 per gli esercizi commerciali, non oltre le 23 per i locali. Una sorta di coprifuoco energetico.
Il tutto, ovviamente, accomunato alle lunghe ferite che il nostro Paese ha subito, durante le lunghissime restrizioni del periodo pandemico. Insomma, si prefigura un inverno piuttosto caldo, ma solo sul lato della crisi del gas. Non sicuramente nelle case degli italiani e degli europei.
Matteo Milanesi, 23 agosto 2022