Se negli anni Ottanta in politica si fa strada l’asse Thatcher-Reagan, nella cultura il principale filosofo inglese conservatore, in opposizione al liberalismo progressista, è stato Roger Scruton. Con la sua scomparsa viene a mancare una delle più importanti voci libere dell’Europa e un uomo che fino all’ultimo ha difeso le radici, le tradizioni e la cultura dell’Occidente.
Nato da una famiglia di umili origini nella contea di Buckingamshire, a una cinquantina di chilometri da Londra, Scruton si laurea nel 1972 in Filosofia a Cambridge e inizia a insegnare tra l’Inghilterra e la Francia. Nel 1974 pubblica il suo primo libro, Art and Imagination, dedicato all’estetica dell’arte, e parallelamente inizia un percorso nel Partito Tory. Nel 1978 prende la seconda laurea in Legge, senza iniziare la pratica, e comincia a collaborare con riviste e quotidiani. Due anni dopo viene pubblicato uno dei suoi principali libri con cui l’autore inglese avvia la riflessione sulla mentalità conservatrice: The Meaning of Conservatorism. Scruton nella sua analisi parte dall’exploit della Nuova Destra thatcheriana e filo-Reagan per porne le basi intellettuali e culturali. In quest’ottica nasce il Conservative Philosophy Group, fondato con il parlamentare sir Hugh Fraser, Jonathan Aitken e John Casey.
Mentre collabora attivamente con i gruppi di resistenza anticomunista cechi, nel 1982 fonda la rivista The Salisbury Review (sottotitolo “The Quarterly Journal of the Conservative Anglosphere”) in cui affronta i principali temi di attualità e la politica di Margaret Thatcher. Grazie a The Meaning of Conservatism l’autore diventa uno dei pilastri del nuovo conservatorismo britannico. Nel libro Scruton smaschera un equivoco secondo cui “siccome non esiste una linea politica conservatrice universale, è sorta l’illusione che non esista nemmeno un pensiero conservatore che spinga i conservatori ad agire”. In realtà non è così, poiché la politica conservatrice, rispondendo alle esigenze del presente e dell’hic et nunc, cerca di realizzare le migliori condizioni per raggiungere il pensiero legato alla forma mentis conservatrice.
Se Scruton si riconosce nelle polemiche antirazionaliste e antimoderniste di Oakeshott e condivide la sua considerazione del conservatorismo come un’inclinazione dell’animo, la sua critica all’individualismo diventa più serrata. Il suo intento è dimostrare l’infondatezza culturale e politica del progressismo e definire precisi paletti per evitare che le persone possano cadere nell’equivoco del liberalismo progressista facendo dello Stato e del libero mercato entità a cui obbedire in modo aprioristico. Scruton nota che la società moderna è dominata dal nichilismo e con la morte di Dio non rimane che il nulla. L’unico modo per combattere il nichilismo e di conseguenza il terrorismo, è rafforzare lo Stato-nazione limitando il processo di globalizzazione ed eliminando l’immagine che l’Occidente ha esportato di sé come una minaccia per le altre civiltà.
Ne L’occidente e gli altri individua due nemici per la società occidentale: il dittatore tiranno e il fanatico religioso protetto dal tiranno. Secondo il suo pensiero, per agire contro il dittatore è necessario seguire le sue regole, la difficoltà sorge se si vuole agire contro il fanatico religioso, in quel caso occorre un’alternativa forte e credibile ai valori assoluti da esso propinati. Il pensiero conservatore di Scruton si origina da quello di Burke secondo cui nella tradizione vi sono alcune istanze che vale la pena conservare, poiché la società è un organismo che si fonda non solo su chi la vive oggi, ma anche su chi è vissuto prima di noi e su chi deve ancora nascere.
Sebbene l’indole conservatrice – è con questa espressione che si apre il testo di Scruton – appartenga a tutte le società umane, solo nei paesi di lingua inglese esistono partiti che si definiscono conservatori. Il conservatorismo di Scruton si origina dall’assunto che la nostra collettività abbia ereditato alcune cose buone che devono essere conservate. Si tratta della libertà di vivere la vita come vogliamo, l’imparzialità del diritto, la tutela dell’ambiente come patrimonio comune, una cultura aperta e viva, la democrazia che permette di eleggere i nostri rappresentanti.
Tutte cose che consideriamo certe e diamo per scontate ma che oggi sono in pericolo. Solo il conservatorismo potrà fronteggiare tale pericolo poiché “nasce dal sentimento, che tutte le persone mature possono perfettamente condividere, secondo cui è facile distruggere le cose buone, ma non è facile crearle”, a farne le spese è di solito ciò che appartiene al patrimonio collettivo come “la pace, la libertà, la legge, la civiltà, il senso civico, la sicurezza della proprietà e della vita familiare”.
Francesco Giubilei, 13 gennaio 2020