Cronaca

Scudo penale per la polizia: che cosa è

L’ipotesi del governo dopo i casi di Rimini e Milano: difendere gli agenti e i carabinieri dall”atto dovuto” dell’indagine a priori

polizia scudo penale Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

Sarà pure un “atto dovuto”. Ma i problemi per gli agenti e i carabinieri che si ritrovano indagati dopo aver svolto un servizio, quelli restano. Un “atto dovuto” da parte della magistratura significa: spese per gli avvocati, spese per le perizie, blocchi alla carriera, aumenti di stipendio manco a parlarne. Ecco perché il progetto in fase di esame da parte del governo e del ministero della Giustizia sta suscitando ampio interesse, mirando a rafforzare le garanzie per gli agenti, soprattutto in contesti di legittima difesa o durante l’espletamento dei loro doveri. La discussione intorno a questo tema vede coinvolti vari attori politici e rappresentanti delle forze dell’ordine, tutti alla ricerca di una soluzione equa che tuteli chi opera quotidianamente per la sicurezza pubblica.

La proposta legislativa in questione si propone di modificare il Codice di procedura penale per prevenire l’iscrizione automatica nel registro degli indagati di poliziotti e carabinieri che usino l’arma di ordinanza in situazioni critiche, come avvenuto nel caso emblematico del carabiniere Luciano Masini. Questo aggiornamento normativo è concepito per riconoscere e salvaguardare il ruolo e l’integrità delle forze dell’ordine, spesso esposte a rischio durante il compimento del loro dovere. Palazzo Chigi ha fatto sapere che “non si tratterebbe, di una ‘scriminante’ o di una causa di non punibilità”, tantomeno si interverrebbe sul diritto sostanziale, piuttosto sul Codice di procedura penale, “immaginando forme di non immediata iscrizione nel registro degli indagati quando è evidente che l’appartenente alle Forze dell’ordine ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle sue funzioni”.

In che modo potrebbe avvenire? Una ipotesi è quella di immaginare un’indagine affidata ai procuratori generali delle corti di Appello simile a quella “contro ignoti”. In questo modo, di fronte a evidenti prove di discolpa, si potrebbe andare ad archiviazione rapida senza coinvolgere direttamente l’uomo in divisa che in questo modo eviterebbe la pubblicazione del suo nome e l’obbligo di sostenere alcune spese legali di difesa, oltre al rischio di essere sospeso e avere conseguenze sulla carriera. La seconda ipotesi è invece diversa. E riguarda la possibilità che lo Stato, cioè l’amministrazione a cui appartiene l’agente, si faccia carico sin da subito delle intere spese legali che un poliziotto o un carabiniere sotto indagine deve sostenere. In presenza di evidenti prove di discolpa, magari evidenziate con una rapida indagine interna, l’agente in questione potrebbe continuare a svolgere il suo lavoro senza ricadute sulla carriera né sulle finanze familiari fino alla sentenze (di condanna o assoluzione).

Il contesto in cui si inserisce questa proposta è segnato da una forte tensione sociale, accentuata da episodi di violenza e dalla tragica morte del giovane Ramy. Questi eventi hanno portato a un’accelerazione nella discussione del disegno di legge sulla sicurezza, già passato alla Camera ma oggetto di rallentamenti al Senato a causa di preoccupazioni legate, ad esempio, alla gestione dei migranti o alla carcerazione delle donne incinte. Alcune disposizioni, come quelle relative alle aggravanti per violenze contro le forze dell’ordine, sono particolarmente discusse.

Le posizioni dei partiti politici si distribuiscono su un ampio spettro. Fratelli d’Italia si mostra aperto a possibili miglioramenti della proposta, Forza Italia invita a procedere con cautela, mentre la Lega sollecita una rapida approvazione del testo. Di contro, il Partito Democratico rileva l’inopportunità di una discussione frettolosa, critica l’uso della questione a fini propagandistici e solleva perplessità sull’opportunità di introdurre uno scudo penale per le forze dell’ordine, auspicando che l’azione di questi ultimi rimanga guidata dal rispetto della Costituzione e delle leggi in vigore. “Il tema dello scudo penale è delicatissimo e si scontra con profili di incostituzionalità chiari – Debora Serracchiani, in un’intervista a La Repubblica – Quando si sono verificate aggressioni o scontri, noi abbiamo cercato di dare strumenti affinché le stesse forze dell’ordine fossero in grado di dimostrare le proprie azioni, penso ad esempio alle bodycam o alla tutela legale. lo scudo penale invece dà un’impunità”. Per Schlein si tratta di una “idea inaccettabile e pericolosa”.

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