“Saffo dalle chiome viola, sublime, dal dolce sorriso”. Leggeva questo frammento in greco, cadenzando l’endecasillabo alcaico, piano. Trasportato in una dimensione di bellezza imperitura, la sua voce tremolava un po’, i suoi occhi erano lucidi e il suo sorriso infine pieno. Stavo in ultimo banco con la stessa felpa con il cappuccio del giorno prima, chiusa in un guscio di timori difficile da squarciare. L’obiettivo era la sopravvivenza, portare a casa la pellaccia al liceo Stellini di quegli anni non era certo facile.
Vivevo ogni giorno con una nuvolaglia di pensieri che si appendeva alle aspirazioni e le riportava in basso, non appena osavano spiccare il volo, eppure la verità di quei 17 anni si esigeva con forza in ogni anfratto della mente, della scuola, durante il tragitto, senza segni di cedimento o arrendevolezza, tutto era estremamente sentito sulla pelle e nel cuore. Anche le lezioni.
Quando il prof. Gardenal varcava la soglia, ogni ribellione lasciava posto a qualcosa che si percepiva come davvero importante. Portava con sé un’aura intangibile e affascinante che mi divideva in due: da una parte la paura di essere inadeguata, dall’altra il solido desiderio che lui fosse proprio così, così com’era. Illuminando il sentiero davanti a noi, ci introduceva testi complessi e bellissimi, ci guidava passo passo oltre quei segni e il suo volto cambiava colorito in base all’emozione che quella letteratura raccontava. Non faceva sconti, ma la sua coerenza ci dava certezza, una certezza contro cui potevamo scagliarci per poi conoscerci.
Ho ancora nelle orecchie la sua voce innamorata. Era innamorato di quel che faceva, della letteratura classica, e ce lo trasmetteva con solidità e trasporto come se ci portasse un dono prezioso. Ogni santa lezione. Nel guazzabuglio del mio animo del tempo, quel regalo mi è arrivato: un fuoco che non si è mai spento. Apprendere e spiegare concetti complessi è oggi una grande sfida, una sfida enorme; tutto è fluido, immediato, basic e quello che richiede un po’ di fatica stanca davvero troppo. La resistenza è una competenza non richiesta, sono tutti velocisti che bruciano subito le energie e poi si accasciano privi di nerbo. Come dare loro torto? Perché barattare la comodità distesa con un impegno costante?
Da che mondo è mondo, ci si mette in moto, almeno inizialmente, solo per un’attrazione. Il fascino di un maestro genuinamente appassionato allora può fare la differenza, ci motiva e ci guida nel gestire quello che ci sembra impossibile, ci spiega il senso del sacrificio che ci viene richiesto, quel rendere sacro, sacrum facĕre, che permette a ogni attrazione di mettere radici e diventare esperienza fruttuosa.
Fiorenza Cirillo, 10 novembre 2021