La lagna serve. È utile a restare sulla cresta dell’onda, essere invitati di nuovo in tv, finire sul palco del Salone del Libro e trasformarsi nel nuovo idolo della sinistra da salotto. Per questo Antonio Scurati, quando il tempo avrebbe imposto di mettere una pietra sopra sulla presunta (e smentita) censura della Rai al suo monologo, insiste nel ritenersi vittima di quel 25 aprile. Poi metteteci i giornali compiacenti che gli dedicano addirittura la prima pagina e il gioco è fatto.
Il pezzo di Caterina Soffici che parla dell’intervista di Annalisa Cuzzocrea a Scurati oggi è insuperabile. Nel senso negativo del termine. Tema del giorno: il “clima che si respira” in Italia, dove giornalisti, autori, scrittori e pensatori non avrebbero libertà di parola. “Il problema – riporta la Stampa – è la deriva che lo scrittore non ha paura a definire ‘svolta illiberale’. ‘È un dato di fatto che gli intellettuali liberi, scrittori, artisti e studiosi, vengano indicati dall’attuale governo come nemici. A prescindere dal mio caso personale, un monologo che celebrava la resistenza antifascista è stato cancellato'”.
Primo: su queste pagine abbiamo già ampiamente dimostrato che la Rai non ha impedito a Scurati di leggere il suo monologo e abbiamo portato come prova l’ordine dei biglietti del treno e la prenotazione dell’hotel, cancellati solo a bubbone scoppiato.
Secondo: ma quale paura dovrebbe avere Scurati nel parlare di “svolta illiberale”? Noi lo abbiamo fatto ripetutamente durante il Covid quando – tra gli applausi della Stampa e di tutti gli altri – i governi rinchiudevano la gente in casa. Eppure non ci siamo mai definiti “coraggiosi”, semmai controcorrente. Invece Scurati frigna per una censura che non c’è. Per una repressione che non esiste. Per un “clima” mai visto, se non nella testa di chi ci marcia sopra. Un esempio su tutti: per settimane ci hanno frantumato i cosiddetti per la mancata messa in onda del programma di Io-Saviano, che infatti nel pieno del caso Scurati non ha dimenticato di parlare di sé per ricordarcelo. Risultato: la censura è talmente dura che alla fine il suo Insider verrà visto dai telespettatori Rai.
Terzo appunto: Scurati se la prende con i liberali moderati che scrivono sul Corriere della Sera (ma ci sono?) e che non si scandalizzano per la Meloni al potere. Dice che “i leader sovranisti odierni non tengono strumenti di violenza nei loro uffici”, come Mussolini, “ma questo atteggiamento di supponenza e saccenza liquidatoria interessata […] tende a normalizzare l’abnorme. Io penso che questa normalizzazione dell’anomalia illiberale sia una grave colpa morale, un grave abbaglio intellettuale e una grave colpa storica”. Sinceramente: ma che vor dì? Dove sarebbe questa “anomalia illiberale”, se Serena Bortone dirige un programma in Rai, Sigfrido Ranucci va in onda senza problemi e i manager di Stato sono rimasti quelli di prima?
Quarto appunto: Scurati lamenta che il “think thank” del movimento giovanile di Fdi, ovvero Atreju, abbia realizzato alcune card sui social con il suo volto (e di tanti altri) per fare campagna elettorale. “Anche se lui sarà triste, tu vota Giorgia”. Niente di straordinario. Però in questo strano mondo italiano se a fare pubblicare vignette ironiche è qualcuno di sinistra, si chiama satira; se lo fanno a destra, diventa violenza ed aggressione.
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