È diventata definitiva la sentenza di condanna per omicidio aggravato, nei confronti del minore, all’epoca quindicenne, che ha ucciso la madre, la trentaduenne Valentina Giunta. La sentenza di condanna, per omicidio aggravato, nei confronti del ragazzo era stata emessa dalla Corte d’assise d’appello per i minorenni di Catania, il 26 maggio 2023 scorso, in conferma di quella di primo grado emessa il 23 gennaio a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato. Il 21 novembre, infatti, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai difensori del ragazzino reo confesso, già detenuto, in merito alla condanna a 16 anni. Il provvedimento di esecuzione della pena è stato notificato al suo legale, l’avvocato Francesco Giammona.
Il quindicenne, quando fu arrestato dagli agenti della Squadra Mobile, confessò subito l’assassinio della madre. Ma chi era Valentina Giunta e cosa può aver portato un figlio, per di più un adolescente, a commettere un gesto così contro natura? La vittima era catanese, classe 1990, con due figli minorenni che, all’epoca dell’abominio, avevano rispettivamente 10 e 15 anni, avuti con l’ex compagno di 3 anni più grande. L’anno prima del femminicidio la donna aveva denunciato ai carabinieri di subire atti persecutori da parte degli ex suoceri. Nel luglio del 2022 a Castello Ursino (Catania) la trentaduenne era stata trovata morta nella sua abitazione. La vittima era stata ferita mortalmente con diversi colpi di arma da taglio su tutto il corpo, in particolare sul collo e sulla schiena. Il suo corpo era stato trovato in una pozza di sangue nella sua abitazione in via Di Giacomo, nel quartiere San Cristoforo, dalla polizia che era stata chiamata da alcuni parenti che non riuscivano a mettersi in contatto con la donna.
Inizialmente la squadra mobile aveva condotto degli accertamenti sul compagno della trentaduenne, visto che negli anni precedenti era stato denunciato per maltrattamenti. La vittima aveva poi ritirato la querela, ma l’uomo era detenuto da tempo in un carcere della Sicilia. Sul caso era stata aperta una indagine dalla Procura dei minori, in quanto tra i sospetti c’era anche un minore. Il sospetto degli investigatori era che il delitto fosse maturato in ambito familiare. Infatti, alla fine, verrà fermato il figlio di quindici anni. Da quanto era emerso, i rapporti tra madre e figlio erano degenerati da tempo e l’omicidio della madre sarebbe arrivato al culmine di una lite violenta. Inoltre, secondo alcune indiscrezioni, il minore, particolarmente legato alla famiglia paterna, da dedicargli post di ammirazione incondizionata e amore anche sui social, temeva che la madre lo volesse allontanare da padre e dal nonno paterno.
È vero, la madre voleva allontanarlo dal padre, affinché non seguisse le sue orme, minacciando addirittura un trasferimento. Sarebbe stato proprio questo il movente secondo l’accusa. Il ragazzo era stato fermato a poco più di 36 ore dall’omicidio grazie all’analisi del suo cellulare. A inchiodarlo, anche dei vestiti sporchi di sangue e qualche parziale ammissione. Una donna che viveva nella paura come si può riscontrare dalle parole dette all’epoca dall’avvocato della famiglia, Salvatore Cannata: “Valentina Giunta viveva da anni nella paura che qualcosa di grave le sarebbe potuto accadere”. Valentina aveva paura nella sua vecchia abitazione e per questo “da alcuni mesi si era trasferita insieme al padre in un’altra abitazione presa in locazione”, aveva spiegato l’avvocato.
A detta del penalista erano stati diversi gli episodi di violenza ai danni della giovane mamma e della sua famiglia registrati nell’ultimo anno. Episodi che vedevano come protagonisti attivi la famiglia del suo ex convivente e padre dei suoi figli. “L’avvocato parlava di responsabilità “che non si possono limitare al solo fatto di sangue che si è verificato la sera del 25 luglio”. “In famiglia sapevamo che correva dei rischi – le parole della cugina di Valentina Giunta, Cristina Bonanzinga – e avevamo paura, per questo la incitavamo ad andare via”. Per questo motivo i familiari di Valentina avrebbero voluto farla trasferire in Germania. Raccontavano anche di appostamenti e aggressioni subite dal padre della vittima. Per la Procura il movente era chiaro: il ragazzo non voleva stare con la madre, nonostante la stessa avesse “mantenuto un atteggiamento protettivo verso il figlio, a fronte delle ostilità alimentate dalla famiglia del padre, detenuto da tempo per gravi reati, anche contro la persona”.
Il ragazzo avrebbe sviluppato risentimento verso la madre che, a suo modo di vedere, avrebbe “tradito” il padre scegliendo di tagliare i ponti con lui e con la famiglia. Una madre che, in realtà, aveva fatto di tutto per garantire ai figli un futuro migliore ma soprattutto diverso da quello del padre. Una madre la cui “imperdonabile pecca” è stata quella di fare la madre. Come era stato espressamente riportato ai funerali della donna in una ghirlanda degli zii e dei cugini con sotto un cartello con la scritta: “Valentina aveva un sogno… un futuro migliore per sé e i suoi figli… ma è stato strappato alla vita da un brutale femminicidio”.
Nemes Sicari, 27 novembre 2023