Se non il buon gusto, almeno il buonsenso. E invece no, c’è chi tira dritto anche di fronte alla più plateale delle assurdità. Protagonista il Comune di Milano, una garanzia su certi temi. La famiglia della scultrice Vera Omodeo – scomparsa recentemente – voleva donare la statua sulla maternità per esporla in piazza Duse: una scultura in bronzo a grandezza naturale, una donna che tiene amorevolmente in braccio il figlioletto e lo allatta. Un atto ricco di sentimenti, universale, umano. Tutto troppo bello per essere vero: la commissione incaricata da Palazzo Marino ha declinato l’offerta. Il motivo? Valori non universalmente condivisibili. Robe da pazzi.
Gli esperti hanno dato parere negativo alla collocazione della statua sulla maternità in piazza Duse sia per la tipologia dell’opera proposta, sia per la posizione. Come evidenziato da Repubblica, secondo la commissione incaricata dal Comune di Milano la scultura rappresenterebbe “valori certamente rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutte le cittadine e i cittadini, tali da scoraggiarne l’inserimento nello spazio pubblico”. La soluzione? Donare l’opera a un istituto privato, come un ospedale o un istituto religioso. Resta da capire cosa si intende per valori non condivisibili: essere una donna, allattare o persino partorire? Nell’epoca della furia arcobaleno, non ci stupiamo più di niente. Specialmente a Milano.
L’immagine della donna che allatta il figlio fa parte della nostra cultura e della nostra identità, come può la statua sulla maternità offendere la sensibilità delle persone? Inconcepibile anche solo pensarlo. Purtroppo la deriva la conosciamo e con gli iper-progressisti non c’è da scherzare. Persino il sindaco di Milano Beppe Sala ha invocato un passo indietro, scaricando le responsabilità sui tecnici “C’è una commissione che non risponde a me, ma alla quale chiederò di riesaminare la questione, perlomeno ascoltando il mio giudizio. Ossia non penso che urti alcuna sensibilità”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’assessore alla Cultura, Tommaso Sacchi: “Non mi sembra che sia un’opera che possa dare in qualche modo adito a qualcosa di offensivo nei confronti di nessuno. Non mi sostituisco a una valutazione che è stata fatta, ma l’opera l’abbiamo vista insieme al sindaco e conosco l’artista, non era una novità”.
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Speriamo in una vittoria del buonsenso e non nell’ennesima bandierina della politica anti-famiglia e anti-maternità. Fortunatamente la Regione è pronta ad intervenire: “Regione Lombardia è e sarà sempre aperta a iniziative che valorizzino la cultura e l’arte in ogni sua forma e si rende disponibile, qualora il Comune non trovasse un luogo idoneo, ad ospitare l’opera”, la conferma dell’assessore regionale alla Cultura, Francesca Caruso.
Massimo Balsamo, 5 aprile 2024
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