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Se Cospito muore è solo colpa sua

L’anarchico è in prigione dopo una condanna definitiva. E nessuno lo costringe a non mangiare

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Il pasticcio di Fratelli d’Italia su Alfredo Cospito, con il capogruppo Giovanni Donzelli accusato di aver resi pubblici documenti “riservati” rivelatigli dal suo coinquilino Andrea Delmastro, ci sta facendo dimenticare il centro della vicenda. Ovvero lo sciopero della fame del leader anarchico. Da giorni viviamo in una sorta di limbo, tutti in attesa di cosa farà il ministro Nordio, di cosa deciderà il tribunale, di come si muoverà Giorgia Meloni, ovvero se il governo manterrà il pugno duro o cederà al ricatto di Cospito.

Perché ammettiamolo: quello del leader anarchico è a tutti gli effetti un ricatto, una battaglia col proprio corpo, legittima sia chiaro, ma non sta scritto da nessuna parte che vi sia l’obbligo da parte del governo di assecondarlo. Se dunque dovesse accadere l’irreparabile, non sarebbe da addebitare a nessuno. Se Cospito muore, è solo colpa sua.

Perché Cospito è in carcere

Partiamo dal principio. E affidiamoci innanzitutto a un principio garantista: Cospito non è in galera in attesa di un procedimento, in carcerazione preventiva o a scontare una pena in primo grado. In tal caso saremmo i primi a richiedere per lui tutte le garanzie del caso. Invece l’anarchico è detenuto da oltre 10 anni nel carcere di Bancali, in provincia di Sassari, perché condannato a 10 anni e 8 mesi per aver gambizzato Roberto Adinolfi (dirigente di Ansaldo) e a 20 anni per altri motivi, tutte condanne divenute definitive. “Per questi reati – ha spiegato il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo – il mio Ufficio ha emesso ordine di esecuzione della pena (anni venti) ed ha cumulato anche le condanne definitive emesse da altre autorità giudiziarie, per complessivi anni trenta di reclusione”. Resta poi da capire come finirà la questione dell’attentato alla scuola allievi Carabinieri di Fossano, per cui la Cassazione ha chiesto una riqualificazione del reato. Ma è solo un dettaglio. Cospito non è un santo. Non è un prigioniero politico. In tribunale disse che sparare ad Adinolfi fu una “gioia” e un “godimento”. Deve insomma scontare la sua pena. Fine.

Perché il 41bis

Secondo punto. Cospito si trova al 41bis perché secondo le autorità dal carcere avrebbe ispirato e in alcuni casi richiesto azioni dimostrative e terroristiche alla rete anarchica che a lui si ispira. Come per i mafiosi, e per evitare contatti pericolosi con l’esterno, gli è stato dunque imposto il “carcere duro”. È stato fatto secondo le procedure? Sì. Ai suoi avvocati è stato permesso di fare ricorso? Certo, e infatti a giorni la Cassazione si pronuncerà sulla questione. Il 41bis non è un regime inventato appositamente per Cospito, ma viene applicato ad altri detenuti. Possiamo contestare l’esistenza stessa del 41bis? Certo, e magari i giudici decideranno di farlo tornare al carcere ordinario, ma aver preso questa decisione non è di per sé uno scandalo. Lo prevede la legge. E se anche lo Stato avesse sbagliato valutazione, il modo per opporsi al carcere duro esiste e si chiama “ricorso in tribunale”. Non serve lo sciopero della fame.

L’ambiguità del Pd

Arriviamo allora ai giorni nostri. Il governo Meloni è in affanno e si capisce: che fare? Mollare la presa o far morire in carcere un detenuto che si rifiuta di mangiare? Ma anche la sinistra non è messa meglio. Quando ai parlamentari dem chiedi se il governo dovrebbe cedere oppure no alle richieste di Cospito, rispondono imbarazzati affermando solo che “una sua morte in carcere sarebbe una sconfitta per lo Stato”. Eppure non è così. Nessuno ha tolto il cibo dal piatto di Cospito, anzi: pare si fosse preparato alla protesta ingrassando di diversi chili così da poter far durare di più il suo sciopero. Inoltre in carcere viene trattato con tutti i riguardi previsti dalla legge: il trasferimento al carcere di Opera conferma che lo Stato si sta prendendo cura di lui.

Certo, nessun detenuto dovrebbe morire dietro le sbarre. La protesta di Cospito può anche essere considerata coerente, ideologica, comprensibile. Ma è un ricatto allo Stato, che peraltro rischierebbe di creare un precedente per mafiosi e terroristi. Se Matteo Messina Denaro scioperasse, gli toglieremmo forse il carcere duro? A ben pensarci, una sola persona può risolvere la situazione ed evitare una morte atroce: si chiama Alfredo Cospito. Può riprendere a mangiare, almeno fino al pronunciamento della Cassazione sulla sua detenzione al 41bis. Se dovesse morire prima sarebbe solo colpa sua.

Giuseppe De Lorenzo, 1° febbraio 2022