Esteri

Se il Belgio islamizzato fa la morale al Papa sull’aborto

Il premier Alexander De Croo tuona: “Le parole di Bergoglio sono inaccettabili”. Ma ha visto chi comanda a Bruxelles?

papa bergoglio © Olga Lioncat tramite Canva.com

Il mondo al contrario. È difficile immaginare un commento diverso da questo se prendiamo in esame l’atteggiamento del Belgio nei confronti di Papa Francesco. La cronaca è nota a tutti o quasi: Bruxelles ha espresso indignazione per le dichiarazioni di Bergoglio sulla legge belga sull’aborto – definita “omicida” prima di marchiare i medici che praticano aborti come assassini a contratto – durante una visita della scorsa settimana, in cui ha reso omaggio al defunto re belga Baldovino che si è pronunciato pubblicamente contro l’interruzione di gravidanza. Il primo ministro Alexander De Croo ha definito le osservazioni “inaccettabili”, aggiungendo di aver invitato il più alto diplomatico della Santa Sede nel Paese, il Nunzio apostolico, “per discutere” sulla questione.

Per carità, ognuno è libero di fare ciò che vuole. Ma parliamo dello stesso Paese che è ostaggio dell’islam? Tra serio e faceto: De Croo ha biasimato le esternazioni del Papa in quanto premier del Belgio o in quanto capo di governo di un Paese a maggioranza musulmana? Il dubbio è legittimo, considerando le pagine di cronaca degli ultimi anni. “Non abbiamo bisogno di lezioni su come i nostri legislatori approvano democraticamente le leggi. Il tempo in cui la Chiesa ha dettato la legge nel nostro Paese è fortunatamente molto lontano da noi”, ha spiegato De Croo, senza evidenziare che in realtà oggi in Belgio a dettare legge è l’islam.

Le parole del Papa hanno messo in imbarazzo la sinistra iper-progressista, sempre pronta a elogiare il pontefice quando parla di migranti (e quando parlava del mondo Lgbt, prima della svolta anti-frociaggine), ma quella non è un novità. Ciò che stupisce è che un Paese come il Belgio se la prenda tanto con Bergoglio per rappresentare la posizione ufficiale del Magistero. Parliamo di uno Stato che rischia di diventare il primo Stato musulmano in Europa, che vanta politici islamisti sia “in casa” che in Europa e che è al centro del progetto dei Fratelli Musulmani di islamizzare l’Occidente.

Il Belgio è quel Paese che ha adottato una politica di integrazione tale da regalare la cittadinanza, sia per questioni elettorali sia nell’ottica buonista che contraddistingue una certa sinistra. E a Bruxelles – tristemente culla del terrorismo – gli islamisti hanno capitalizzato il loro ingresso nei partiti e nelle istituzioni attraverso la loro strategia di influenza con l’Unione europea. Non si tratta di un pericolo estremizzato, parlano i numeri: secondo Statbel, nel 2020 il 67, per cento della popolazione belga era composta da belgi di origine belga. Quella percentuale nel 2010 si attestava al 74,3 per cento. Ma non è tutto: secondo il Pew Forum of Religion and Public Life, il Belgio avrà 1,149 milioni di musulmani nel 2030, con un aumento dell’80,96 percento rispetto al 2010. A pagare il prezzo più alto sono i belgi, ormai minoranza in determinati quartieri-ghetto. Basti pensare a Molenbeek, ormai dominato dai musulmani.

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Insomma, il Belgio – Paese europeo dominato dal fondamentalismo islamico – s’è risentito delle parole di Papa Francesco sull’aborto. L’iper-progressismo patetico fa centro ancora una volta: sì al velo, no alla libertà di pensiero. Nemmeno per il pontefice. E poco importa se un bambino su due a scuola sceglie l’ora di religione musulmana anziché cristiana. Bergoglio non può permettersi certe considerazioni. Ma forse non sarebbe meglio dedicare tutte queste energie a contrastare chi ci vuole imporre la Sharia?

Franco Lodige, 4 ottobre 2024

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