Se l’Occidente ignora la civiltà degli scambi, può solo morire

Addio a relazioni pacifiche e mutui arricchimenti: con questa classe intellettuale è difficile essere ottimisti

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Scambi occidente

Uno dei motivi del declino dell’Occidente è la mancata comprensione dello scambio: quale istituto non solo economico, ma in primo luogo giuridico. Una conferma di questo si trova in una nota intervista che nel 2009 fu concessa a Libération da Michel Serres. In quella circostanza il noto intellettuale sottolineò l’importanza delle relazioni culturali, contrapponendo lo scambio di idee – che secondo lui genera crescita – a quello di merci e denaro, considerato invece statico e privo di arricchimenti. Egli portava come esempio l’insegnamento di un sonetto o di un teorema: chi riceve apprende, ma chi trasmette non perde nulla. Una simile visione, però, è piuttosto semplicistica, se serve a sminuire l’importanza delle relazioni mercantili.

Se si osserva la storia di città come Venezia o Amsterdam, è evidente che la ricchezza materiale, prodotta attraverso i mercati, ha alimentato straordinari sviluppi culturali e artistici. La Venezia del Rinascimento, ad esempio, grazie ai suoi commerci, divenne un polo creativo senza pari. Lo stesso avvenne per Amsterdam nel XVII secolo, città di Spinoza e Rembrandt, centro di scambi economici e culturali.

L’idea di Serres, secondo cui gli scambi economici siano “a somma zero”, limitandosi a spostare il possesso da alcuni ad altri, ignora che entrambi i partecipanti traggono beneficio dal contratto. Immaginiamo che A compri un panino da B. Se A preferisce il panino e B invece preferisce l’euro, ognuno migliora la propria condizione: entrambi traggono dunque vantaggio dallo scambio. Questa dinamica è alla base del concetto di valore soggettivo, elaborato dalla scuola austriaca di economia (da Carl Menger in poi): l’idea è che il valore non sia assoluto, ma vari secondo le preferenze e percezioni individuali.

Per gli studiosi austriaci il valore è insomma soggettivo: esso risulta sempre da un apprezzamento personale. Io scelgo di vendere alcune azioni della Nestlè o della Volkswagen probabilmente perché penso che la loro quotazione è destinata a calare, ma chi acquista al prezzo che entrambi reputiamo interessante ha – con ogni probabilità – un’opinione opposta alla mia. E il valore è soggettivo perché gli esseri umani sono diversi e hanno opinioni differenti su mondo.

Questa enfasi sul fatto che non esiste un valore in sé (il valore-lavoro, ad esempio) finisce poi per dissolvere ogni progetto di politica economica. Solo una visione erronea dell’economia e della società può permettere logiche pianificatrici e programmatorie. Infatti, se quello che per te vale qualcosa per me, invece, non vale nulla, chi è autorizzato a sostenere che tutti e due dovremmo destinare le nostre risorse a questa o quella iniziativa? Se molti politici e intellettuali non vogliono capire alcune cose, allora, è anche perché avvertono le implicazione liberatorie di certe semplici verità.

L’Occidente s’è costruito quale rete di scambi, relazioni pacifiche, mutui arricchimenti. Nel momento in cui la sua classe intellettuale ha smarrito del tutto il senso di questo (e ancor prima ha rifiuto le implicazioni morali della proprietà e del contratto, e cioè il rispetto dell’altro), è difficile essere ottimisti. Il declino che stiamo conoscendo è da vari punti di vista una conseguenza assai lineare.

Carlo Lottieri, 27 ottobre 2024

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