Cronaca

“Se tocchi nutrie e alberi ti arrestano”. E dopo un anno tracima lo stesso fiume

Alluvione in Emilia Romagna: il caso del Lamone a Bagnocavallo: detriti e alberi creano una “diga”. Tutta colpa dell’ambientalismo radicale?

nutria alberi

Torniamo indietro nel tempo. Maggio del 2023, poco più di un anno fa. Le telecamere di Quarta Repubblica mostrano il fiume Lamone, vicino a Faenza, in quei giorni piegata dall’alluvione come il resto dell’Emilia Romagna. Immagini drammatiche. Un ponte che attraversa il corso d’acqua è completamente ostruito da alberi, pezzi di legna e detriti: si è creata una diga e l’acqua, come ovvio che sia, è tracimata invadendo campi, strade, città. Balzo in avanti. Al presente. Settembre 2024, sempre la zona di Faenza, sempre il Lamone. Le immagini aeree mostrano un ponte in ferro ricoperto di legna, alberi e detriti: si è creata una diga e il fiume, come logico che sia, è esondato. Possibile?

Sì, possibile. Anzi: tragicamente reale. Due fotografie identiche a quattordici mesi di distanza, come se nulla di ciò che è successo in passato fosse servito da lezione per il presente. O almeno per il futuro. Condifesa Ravenna ha pubblicato un video della situazione drammatica del Lamone a Boncellino dove già si erano registrate due precedenti alluvioni con successiva rottura dell’argine. Stavolta anziché spaccare il letto, è esondato a causa dei detriti di legname “lasciati malauguratamente nel corso del fiume a monte”, facendo arrivare l’acqua fino a Bagnocavallo. L’argine si è invece rotto a Traversara, sempre nel comune di Bagnocavallo, e per molti la colpa è sempre di quel “tappo” che avrebbe impedito di scaricare l’acqua provocando, aumentando la pressione sugli argini e provocando lo sfondamento. Per carità: di pioggia ne è scesa tanta, in certe zone anche 350mm in meno di 48 ore. Ma davvero non si poteva fare nulla? Sono stati ascoltati gli appelli dei residenti, che dopo la piena dello scorso novembre chiedevano a gran voce la rimozione dei tronchi? E soprattutto: com’è possibile commettere lo stesso errore di un anno fa?

Durante la Zuppa di Porro extra di questo pomeriggio, il viceministro Galeazzo Bignami – emiliano doc – ha spiegato dove si nasconde il dramma di questo alluvione. Non tanto nei soldi spesi o non spesi, che comunque in gran parte riguardano il ripristino dei danni di un anno fa, quanto nella mancata ordinaria amministrazione e nella scadente pulizia degli alvei: perché è inutile riparare una falla se poi cento metri dopo detriti, nutrie e vegetazione finiscono con l’indebolire il letto del fiume. “Io non voglio fare il cattivo che insegue gli istrici – ha spiegato Bignami – Ma l’argine rompe proprio dove ci sono le tane, l’acqua entra, collassa il tutto e crolla”.

E allora ritorniamo a un anno fa. Claudio Miccoli, ex dirigente dell’Emilia Romagna, raccontava a Quarta Repubblica di essere stato “denunciato più volte dagli ambientalisti per aver fatto tagliare gli alberi nei fiumi”. “Non puoi più garantire le manutenzioni, non puoi garantire le opere, perché tutto deve passare da un vincolo ambientale che in alcuni casi è insuperabile. Basta che insorga un comitato, e ce ne sono ovunque”. Risultato? I corsi d’acqua vengono considerati alla stregua di boschi, nessuno abbatte nulla per difendere uccellini e roditori (“se li tocchi, ti arrestano”, diceva Miccoli), e quando l’acqua impetuosa scorre tira giù tutto trascinando a valle legna e detriti. Creando le dighe di cui sopra.

Peraltro già in passato (era il 2022) il consigliere regionale della Lega, Andrea Liverani, aveva fatto notare la necessità di pulire i fondali del Lamone, di controllare gli argini scavati dai roditori e di disboscare l’alveo altrimenti “in caso di piogge abbondanti ci potrebbero essere problemi con la tenuta degli argini”. É stato fatto? A occhio e croce, no. Il governo ha provato a chiedere all’Emilia Romagna un dossier sullo stato idrogeologico della Regione, ma alle quattro diverse pec nessuno ha risposto. “La prevenzione ordinaria va fatta in tempo di pace e quando c’è un alluvione”, ha detto il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci. È forse arrivato il caso di tornare a considerare la natura il luogo dove l’uomo vive e che con intelligenza governa. Anziché il regno animale dove anche solo spostare un ramo significa interferire con l’intoccabile progetto di Madre Natura.

Giuseppe De Lorenzo, 20 settembre 2024

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