Che la patrimoniale sugli immobili, un’imposta di per sé iniqua in quanto progressivamente espropriativa del bene colpito, fosse particolarmente vessatoria nel caso in cui l’immobile sia occupato abusivamente, era evidente a tutti. Ora lo afferma anche la Corte costituzionale, dichiarando – con la sentenza numero 60 di oggi – l’illegittimità dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, “nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all’imposta municipale propria, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale”.
Secondo la Consulta, infatti, “è irragionevole e contrario al principio della capacità contributiva che il proprietario di un immobile occupato abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale sia, ciò nonostante, tenuto a versare l’Imu per il periodo decorrente dal momento della denuncia a quello in cui l’immobile venga liberato, perché la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso”.
Nel testo del provvedimento si spiegano ulteriormente le ragioni della pronuncia di incostituzionalità. “Indipendentemente dalla nozione di possesso cui debba farsi riferimento a proposito dell’Imu, è irragionevole – si legge – affermare che sussista la capacità contributiva del proprietario che abbia subito l’occupazione abusiva di un immobile che lo renda inutilizzabile e indisponibile e si sia prontamente attivato per denunciarne penalmente l’accaduto, tanto che il legislatore, come già rilevato, è intervenuto con la legge n. 197 del 2022 per dichiarare non dovuta l’imposta in questione. Emblematico – prosegue la Corte – è il caso oggetto dei giudizi a quibus in cui la società proprietaria aveva assunto tutte le necessarie iniziative per prevenire l’occupazione dell’immobile e aveva tempestivamente provveduto a denunciare all’autorità giudiziaria penale l’avvenuta occupazione contro la sua volontà. Benché nell’agosto 2013 fosse stato disposto un sequestro preventivo dell’immobile ex art. 321 del codice di procedura penale da parte del giudice per le indagini preliminari, lo stesso sequestro non aveva avuto esecuzione per ragioni di ordine pubblico. Pertanto, la società proprietaria non era riuscita a tornare nel possesso dell’immobile nonostante l’uso di una diligenza adeguata”.
Prima della Corte costituzionale, sulla questione era intervenuto il governo Meloni che, con la sua prima legge di bilancio (quella per il 2023), aveva inserito fra le fattispecie di esenzione dall’Imu quella degli immobili che si trovino in una situazione di indisponibilità a seguito di reati. L’auspicio è che la norma del 2022 possa essere presto integrata, ricomprendendo nell’esenzione ogni ipotesi di occupazione senza titolo dell’immobile, comprese quelle conseguenti a rapporti di locazione.
Ciò detto, va da sé che l’impegno del governo e del Parlamento deve contestualmente essere rivolto sia alla prevenzione e alla repressione del reato di occupazione arbitraria di immobili, sin troppo tollerato per decenni, sia all’accelerazione delle procedure di sfratto relative alle locazioni, che avrebbe l’effetto di restituire fiducia a tanti proprietari e di agevolare di conseguenza l’accesso all’abitazione da parte degli inquilini.
Giorgio Spaziani Testa, 18 aprile 2024
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