Rassegna Stampa del Cameo

Sentirsi in libertà vigilata…

Il virus è “democratico”, la sua gestione no

Rassegna Stampa del Cameo

Da qualche giorno, formalmente sono libero, seppur in libertà vigilata. Quando esco per andare a guardare il mare (per me significa respirare libertà), mi comporto da evaso, sentendomi un evaso. Malgrado le tante docce sento sulla mia pelle l’odore acre della galera: chissà quando mi lascerà. Cosa ho imparato nella “prigionia”? Ho scoperto il vero spessore culturale e umano delle leadership euro americane al potere (per evitare qualsiasi polemica, per me, apòta, l’ex immobiliarista newyorchese e la ex funzionaria DDR, in termini di execution e di intelligenza sociale pari sono, al di là della sgradevolezza dell’uno e della riservatezza dell’altra). Entrambi, come i loro soci dei vari G qualcosa, si sono rivelati di una modestia imbarazzante, prigionieri come sono dei loro “numerini, per mantenere i quali (e quindi il potere) sono disposti a ogni scelleratezza.

Perché, diciamolo alto e forte, la colpa di questa mostruosa crisi morale ed economica non è del “virus” (uno dei tanti corona che la Cina e l’Asia producono e diffondono da sempre) ma di come è stato gestito. Se chiudi tutto, come hanno fatto Europa (salvo Svezia) e Usa, il risultato lo conosci in anticipo, e la “riapertura” sarà molto salata in termini di costi e soprattutto di occupazione. Se chiudi solo una Provincia (60 milioni su 1.400) come la Cina, ovvero avevi pronto un Piano B come la Corea del Sud, o hai mixato varie modalità, privilegiando il digitale, come Taiwan e Israele (e, sputiamo il rospo, il Veneto), i risultati saranno di un certo tipo. Ovviamente, nelle pandemie non esiste la soluzione ottimale.

Da sempre il dilemma salute-cibo è lì a insegnarci che nella vita dobbiamo scegliere, per quanto sia doloroso farlo. I miei zii dell’Alta Garfagnana, braccianti, emigranti in Australia, sapevano che dopo vent’anni di lavoro da bestie, sarebbero tornati sì con i quattrini per comprare un piccolo podere, con però il fisico devastato dalla miniera. Sacrificarono la loro vita, scientemente, per il benessere futuro della loro famiglia. Invece noi euro-americani ci siamo fatti trovare senza un piano B, ci siamo fatti gabbare dal nazicomunista cinese, ci siamo appoggiati a un’organizzazione come Oms, chiacchierata e piena di chiacchieroni, che cambiavano idea in continuazione, mentre sui cosiddetti scienziati e manager delle varie task force meglio stendere un velo pietoso, così come sull’imbarazzante inettitudine di questo Governo, figlio prediletto del Deep State.

Nel 1957 vissi il “virus Asiatica”, avevo 23 anni, ero un operaio Fiat, al mattino e alla sera, per l’ora di viaggio, sul tram mi trasformavo in acciuga (la mascherina era un oggetto teatrale). Su una popolazione di meno di 50 milioni (scrissero che il 50% di noi fu contagiato) morirono 30.000 persone. Lo stesso numero di oggi, non solo vecchi e deboli perché gran parte di questi erano già morti o durante la guerra o nell’immediato dopoguerra. Il Paese non si fermò, nessuno di noi fu terrorizzato dal Governo di Adone Zoli, o dai Sindaci o dalla stampa. Nessuno dovette subire l’isterismo degli intellettuali di regime. Anzi, il ’57 fu uno degli anni mito del “Miracolo economico italiano” (uscì la Nuova Fiat 500!). Sia chiaro, nessun parallelo, nessuna conclusione, solo uno spicchio di vita vissuta.

Circa il modello che ci governa da trent’anni, e che con Giovanni Maddalena studiamo da anni, scrivendoci persino un libro (Uomini o Consumatori? Il declino del CEO capitalism, Grantorino Libri, 5 €), ci mancava la prova provata. Come sosteniamo nel libro, uno dei diversi obiettivi (nascosti) del modello è “Impoverire la classe media, sedare la classe povera”. Eccola la prova. Dopo aver per decenni criminalizzato questa classe sociale, bollandoli a fuoco come evasori (fingendo di non vedere cosa facevano, moltiplicato per cento, le felpe californiane o i doppi petti europei), anziché esentarli, banalmente, dalle tasse per 2 anni, cosa si inventano?

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