Servono opere, non solo il “green”

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Bene, bravo, presidente Conte, ma auguriamoci che non faccia il bis. Si può discutere sui tempi con cui arriveranno i fondi dall’Europa, sulla loro entità precisa, sui poteri di controllo che Commissione e Consiglio europeo si sono riservati, sul fatto che una loro parte provenga dal contributo netto che paghiamo al bilancio europeo, ma non si può mettere in dubbio la grande novità introdotta: un passo importante sulla mutualizzazione del debito continentale. E sulla circostanza che l’Italia ne trarrà i maggiori benefici. Sia in termini di aiuti a fondo perduto, sia sullo scarto tra interessi che pagherà sui nuovi debiti rispetto a quello che avrebbe corrisposto andando sul mercato. Ma il bis, dicevamo, no. E il bis rischia di essere catastrofico. Non esageriamo. Riguarda come spenderemo nei prossimi due anni questi duecento miliardi.

Fino ad ora questo governo, per fare una sintesi, ha sciaguratamente preferito il monopattino elettrico alle auto, il reddito di cittadinanza agli sgravi fiscali. Ieri nella messe di commenti trionfalistici, continuava a circolare con insistenza la terrificante prospettiva del “green new deal” (Gnd). Nessuno qua è contro l’ambiente, figurarsi. E tanto meno per il cambiamento digitale, che più che una rivoluzione, è una richiesta del mercato. Ma il Gnd è la fuffa che solo un burocrate che conosce poco le imprese rischia di sposare. I quattrini ci servono eccome, ma per la cosa meno conosciuta in questo Paese: la vecchia e tradizionale manutenzione. Il miglior investimento che oggi si possa pensare. Occorre manutenere le nostre infrastrutture, ampliarle, rinnovarle, talvolta ricostruirle. Investire in treni, bus e auto. Non pensiate che questa sia una banalità.

Le nostre città, per fare un esempio, investono tempo, comunicazione e danaro, sulle piste ciclabili: una follia pensando alle vere esigenze di mobilità di un Paese fatto da più di ottomila comuni e da aree metropolitane mal collegate. La chiusura di una fermata della metro, vero sindaco Raggi, vale cento chilometri di ciclabili. Sempre che qualcuno le utilizzi. La Tap, cioè la possibilità di diversificare il nostro approvvigionamento del gas, è stata firmata a malincuore proprio da Conte, e solo perché il contratto, firmato e blindato dai suoi predecessori, lo imponeva. La Tav e la Gronda sono viste come fumo negli occhi. Il raddoppio della ferrovia adriatica fino a Pescara è in attesa da fine 800 ed è stata bloccata dal ministero dell’Ambiente solo due mesi fa, esattamente nei giorni in cui iniziava la trattativa europea sul Recovery fund. Altro che Gnd.

Sul fronte industriale questo è il governo che si è inventato, sull’altare di un folle ambientalismo, la tassa sulla plastica, che ha rimandato solo perché il Covid ha dimostrato che essa è essenziale. Altro che Gnd. Questo è il governo che più che la decarbonizzazione dell’Ilva, vuole che in quell’area si producano cozze. Altro che Gnd. E si potrebbe continuare con gli eccessi dell’elettrico. Abbiamo investito, con i recenti decreti rilancio, 120 milioni di euro su monopattini e bici elettriche e solo ora è stata firmata una rottamazione da 50 milioni.

Con la stravagante previsione di incentivare anche senza rottamare. Il terrore è che affidino a Domenico Arcuri (l’uomo delle mascherine) o a Mimmo Parisi (quello dei navigator) o a Pasquale Tridico (quello dell’Inps) qualche altra task force, che comprino miliardi di euro di banchi per le scuole, che ragionino come hanno fatto con il bonus edilizio del 110 per cento. Pensato con le migliori intenzioni, immaginiamo, dal ministro grillino Fraccaro, è diventato un pannicello caldo, proprio per le incredibili limitazioni, anche ambiental-corrette, che hanno voluto introdurre. Da qui la speranza, ma non siamo ottimisti, che Conte non faccia il bis. Germania e Francia hanno guidato l’Europa ad un gesto di solidarietà nei confronti dell’Italia. Sarebbe folle perdere quest’occasione.

Nicola Porro, Il Giornale 23 luglio 2020

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