Ventuno giorni di agonia, costretto a vivere in un’altra casa, obbligato a vedere una sconosciuta spignattare nella sua cucina, forzato a ricorrere a un giudice per veder garantito uno dei più sacri diritti dell’uomo: quello alla proprietà privata. Di questa orribile storia con protagonista il povero Ennio Di Lalla vi avevamo già dato conto. Ricordate? L’86enne romano esce di casa per un paio di giorni per fare delle visite mediche e quando rientra trova la serratura di casa cambiata.
All’interno, tra i suoi oggetti personali e i ricordi di una vita, una rom occupante abusiva che non ha alcuna intenzione di andarsene. Sul momento il malcapitato chiama i carabinieri, che però non possono far nulla: trattandosi di “occupazione” e non di furto, non possono intervenire mancando la flagranza di reato. Tanto più che la nomade ha messo le tende insieme al bambino e al cane. Per ottenere lo sfratto serve allora un’ordinanza della magistratura e in Italia si sa come vanno a finire queste cose: alle calende greche.
Infatti Di Lalla si rivolge alla Procura nella speranza che venga emesso un decreto da far eseguire ad un ufficiale giudiziario. Solite burocrazie, quando sarebbe bastato verificare cinque minuti la proprietà dell’immobile (digitalizzazione, dove sei?) e l’assenza di contratti di affitto (Colao, ci siamo?). Lo scandalo è che, dopo 21 giorni da quel furto di abitazione, l’86enne è riuscito a riottenere il suo appartamento solo oggi. Le rom e il pitbull sono stati portati via dai carabinieri.
Il malcapitato in questi giorni è rimasto a casa di un fratello, e gli è andata anche bene: altrimenti avrebbe dovuto pagarsi un salato hotel in zona. Senza contare che le magagne non sono finite: sempre che intanto non gli abbiano svaligiato l’immobile (probabile), dovrà disinfettare ogni centimetro, cambiare il portone o la serratura, magari aggiungere delle inferriate esterne. Il tutto, ovviamente, a sue spese. Nessuno si sorprenderebbe se da domani Di Lalla smettesse del tutto di uscire di casa: se il rischio è ritrovarsi 21 giorni sotto un ponte, forse meglio chiudersi in lockdown.