Sgarbi: “Giambruno giocava, crudele lasciarlo. Ma Meloni non poteva ignorare”

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sgabri giambruno

Anche Vittorio Sgarbi comprende la scelta di Giorgia Meloni di lasciare il compagno Andrea Giambruno. Una decisione dolorosa, ovviamente, che oggi l’ha addirittura portata a non presentarsi alla festa per il primo anno di governo organizzata da Fratelli d’Italia, ma anche l’unica mossa da fare. Non tanto come donna, ma come premier. Se infatti da “semplice” compagna avrebbe potuto soprassedere alle guasconate del conduttore, ragiona Sgarbi, da inquilina di Palazzo Chigi certe cose “non se le può più permettere”.

Nel commento pubblicato oggi sul Giornale, Sgarbi ritiene che qualche anno fa un congedo come quello che abbiamo visto pochi giorni fa “sarebbe stato impensabile”. “Come credere che lei non ne conoscesse il temperamento e, per scoprirlo, abbia dovuto aspettarne un’esibizione televisiva rubata? – scrive il critico d’arte – Che fino a quel momento Giambruno non si fosse rivelato? Evidentemente il costume è cambiato, e anche i rapporti tradizionali subiscono mutamenti. Con l’uomo, più debole, che viene licenziato platealmente e senza preavviso. Una storia si interrompe per colpi di scena e la sfera privata diventa spazio pubblico, ci riguarda anche se non lo vogliamo”.

Sgarbi in qualche modo difende anche il conduttore di Diario del Giorno, trasmissione da cui si è auto-sospeso all’esplodere delle polemiche ma alla cui guida dovrebbe tornare tra qualche giorno. “Giambruno non è stato elegante, ma giocava – scrive Sgarbi – e la prima a conoscerlo, e a condividerne il temperamento allegro e guascone, era certamente la sua compagna. Era difficile difenderlo, ma certamente non ha tradito un patto d’amore, tant’è che nel messaggio che la premier ha consegnato ai social gli è stata confermata l’amicizia”.

Il “problema, secondo Sgarbi, è che Giambruno “ha involontariamente rivelato la sua natura, nota a lei sola. Ecco perché “prendere le distanze da lui, tradito dalla televisione in cui gioca, è crudele, ma si può capire: non per la donna, complice, ma per la presidente del Consiglio, che non se lo può permettere. I rapporti cambiano, e la sfera del privato non è più esclusiva. Non sono più Giorgia e Andrea. E lui sembra non averlo capito. Non si può più giocare in due”.

Il critico d’arte analizza poi la decadenza di un dibattito pubblico in cui, con la scusa del “sessismo” e del “maschilismo”, si è arrivati al paradosso che “non si può più scherzare”. “Finito il gioco, finito il divertimento, finita l’ironia – scrive Sgarbi – Essere ridicoli non è né un alibi, né una giustificazione. Sarebbe inimmaginabile oggi l’umorismo che rese celebre il Gastone di Petrolini: ‘Gastone, sei del cinema il padrone. Gastone, ho le donne a profusione e ne faccio collezione'”.

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