Dunque, quella che Sgarbi ha battezzato “Palamaropoli”, evocando la famosa inchiesta di Tangentopoli degli anni ’90 che terremotò il sistema politico, non può esimere il Parlamento da un esame delle aberrazioni che si sono consumate all’interno di un settore della magistratura il cui operato dovrebbe ispirarsi all’imparzialità.
I cittadini quale fiducia possono riconoscere ad un corpo che sconfina dal perimetro dello Stato di diritto, violando l’incarico di sorvegliarne l’integrità? I magistrati detengono il potere di incidere con le pene coercitive sulla libertà delle persone e indagarne le deviazioni di una minoranza, per estirpare il baco della corruzione, significa onorare il grande lavoro di tutela della legalità promosso dalla maggioranza silenziosa dei togati che meritano il ristoro di immagine attraverso la sanzione dei “colleghi” reprobi.
Andrea Amata, 30 giugno 2020