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Sì agli “affetti stabili”: la dittatura finisce in farsa

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L’essenza di ogni autoritarismo, alla fine, è l’idiozia, e certo non poteva fare eccezione lo sgangherato ma ormai palese autoritarismo del govern(icchi)o Conte, sempre più convinto di essere Churchill nello stato d’eccezione, e non un miracolato in evidente stato di confusione. L’idiozia autoritaria, anzitutto, è tale nel senso dell’autoreferenzialità, della pretesa ostinata d’incasellare nei propri editti apodittici (i famigerati Dpcm, nel caso del nostro, ormai moltiplicati compulsivamente quanto i moduli dell’autocertificazione) la pluralità e la varietà della vita, l’ “abbondanza del mondo”, avrebbe detto Paul Feyerabend.

E più la faccenda prende una piega grottesca, più l’autocrate insiste, ormai convinto che la sua paranoia normativistica sia la realtà. Ecco allora che non meglio identificate “fonti di Palazzo Chigi” (è la perifrasi manieristica per dire “velina di Rocco Casalino”) sentono il bisogno di chiarire che all’interno del ristretto gruppo dei “congiunti” cui si potrà fare visita nella presunta Fase 2, figurano anche “fidanzati stabili e affetti stabili”.

Fantastico, è uno stadio successivo, è la misura della consistenza e della profondità delle relazioni umane appaltata al governo, lo Stato che soppesa e giudica i rapporti, con sottinteso cenno di disapprovazione moralistico per quei disgraziati che affollano la loro esistenza di “affetti instabili” (viziosi e debosciati borghesi controrivoluzionari, avrebbe detto Mao-Tse Tung, il padre della Cina comunista, perciò il vero modello di Giuseppi&Co.). Ma occhio a non nobilitare il tutto nemmeno nel male, che ha pur sempre una sua grandezza, qui più che allo Stato Etico siamo allo Stato Etilico, visto che simile genialata non può che avere come premessa creativa un tasso alcolemico sopra la media.

Figuratevi infatti l’applicazione rigorosa di tale postilla governativa nella pratica. Urge anzitutto prevedere un capitolo a sé stante nell’autocertificazione, o meglio predisporne una nuova (suvvia, per una volta), dove nel caso di visita ad “affetto stabile” siano indicati: – i mesi di frequentazione; – la tipologia di uscite pregresse; – la percentuale delle suddette uscite sfociate in una conclusione reciprocamente soddisfacente. Vi è poi da prevedere la possibilità di un doppio interrogatorio separato, perché quel che è “affetto stabile” per uno può non esserlo per l’altro, forse qualcuno si sta facendo delle illusioni, mentre per qualcun altro è più una dinamica prettamente fisica (che può poi a sua volta incarnare o meno una forma di “stabilità”, e siamo da capo), magari uno dei due “stabili” sta mentendo sul suo matrimonio, che non è affatto finito, e quest’evenienza chiaramente mette in dubbio la ricaduta del caso specifico sotto il comma generale…

Bisogna poi trovare una regola per dirimere i casi ambigui, sul crinale, come due ex fidanzati tornati (in)stabilmente insieme, due amici che hanno conosciuto un’evoluzione ludica del loro rapporto ma non intendono impegnarsi, la ragazza non ancora presentata ai genitori e il ragazzo già fedifrago. Affetti stabili o instabili? Qui serve un decreto ad hoc.

Giovanni Sallusti, 27 aprile 2020