Se vi chiedete perché è sempre bene dubitare di una maxi–inchiesta che decapita il potere politico di una regione, leggetevi l’intervista di Raffaele Cantone di ieri. Un pm, uno dei più in vista d’Italia, uno di quelli che dovrebbe conoscere a menadito la Costituzione e il principio di presunzione di innocenza, ha commentato l’arresto di Toti e l’indagine che vi sta dietro come se fosse già tutto accertato, come se il processo – l’unico momento in cui gli indizi si cristallizzano in prove – fosse stato già celebrato. Ecco perché, in questo marasma in cui Giuseppe Conte si getta nel fango, la sinistra -al netto degli imbarazzi su Bari- chiede “chiarezza” e un pezzo del centrodestra non si spende così tanto a favore del governatore, suonano come miele le parole di Guido Crosetto a cui “fanno ribrezzo le persone che speculano su vicende di questo tipo”.
Il ministro della Difesa, garantista, sa di essere “in netta minoranza, anche all’interno del centrodestra” dove alcuni fingono solo da lontano di difendere un governatore le cui eventuali colpe sono ancora tutte da dimostrare. E che peraltro, ad una lettura attenta delle carte, non appaiono neppure supportate da indizi così granitici. “Queste cose non riesco a capirle e non le sopporto più”, dice Crosetto. Ed ha ragione. “In Italia c’è un clima pesante, preoccupante, che incide in modo intollerabile anche sulla vita personale”. Il ministro non vuole attaccare la magistratura, ma la verità è che ai pm e alla sinistra fa comodo considerarlo tale “per continuare a non affrontare i temi in modo serio”: “Vorrei chiarezza – spiega -: se vedo che l’indagato non ha ottenuto nessun vantaggio personale e che i suoi atti amministrativi erano legittimi, non capisco come si possa arrivare ad arrestarlo. Quando l’interesse contestato poggia tutto su una diversità di cultura politica, vuol dire che se il governatore ha le stesse idee del pm, allora ha perseguito un atto giusto e legittimo, se invece sono diverse è reato. Ma questa è politica, non giurisprudenza, e soprattutto non ha nulla a che fare con la legge”.
Senza considerare, aggiungiamo noi, che l’arresto di Giovanni Toti arriva a quattro anni dai presunti reati, dopo mesi e mesi di intercettazioni, pedinamenti, osservazioni; ma soprattutto la misura cautelare viene disposta ed eseguita a quattro mesi dalla richiesta dei pm, giustificandola – tra le altre cose – proprio con l’imminente approssimarsi delle elezioni Europee.
Inutile chiedersi se la magistratura sia politicizzata o meno, è pleonastico. “Ci sono correnti e quindi è politicizzata”, analizza Crosetto. “L’equilibrio però non è messo in pericolo dalle correnti della magistratura, ma da un potere che non ha più controlli, in cui anche un singolo pm, se arrabbiato con qualcuno, può distruggerlo. Su questo vorrei delle garanzie. Lo suggerisca l’Anm che tipo di controllo serve perché la giustizia sia terza. Rispondano in modo non corporativo e non mi usino come nemico pubblico numero uno”.
Ps: le parole di Crosetto, per quanto logiche e apprezzabili, sono state ovviamente motivo di dibattito. E di contestazioni. A difesa dei magistrati, guarda tu il caso, si è schierato il Pd con Debora Serracchiani convinta che si sia trattato di “un attacco a un potere dello Stato” addirittura “imbarazzante e inquietante”. “Mi dispiace che faccia dichiarazioni per impedire a una persona con diritti civili pieni, come sono ancora, di poter esprimere liberamente il suo pensiero – replica il ministro – È un atteggiamento molto grave”.
Franco Lodige, 13 maggio 2024
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