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“Signor Mortadella, la disistimo”. La lettera con cui Fallaci distrusse Prodi

Il testo dedicato all’ex premier, allora Presidente della Commissione Ue, inserito dalla giornalista in “La Forza della Ragione”

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Mentre si discute della sgarbata risposta dell’ex premier alla giornalista di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici, ci è tornata in mente questa letterina scritta che Oriana Fallaci a Romano Prodi. Vale più di mille parole.

La “letterina” è contenuta ne La Forza della Ragione, il libro che nasce dal dibattito scaturito dal dirompente La Rabbia e l’Orgoglio subito dopo il crollo delle Torri Gemelle nel settembre del 2001. “Signor Presidente della Commissione Europea – si legge – so che in Italia la chiamano Mortadella. E di ciò mi dolgo per la mortadella, che è uno squisito e nobile insaccato di cui andar fieri, non certo per lei che in me suscita disistima fin dal 1978”.

Fallaci fa riferimento all’anno “in cui partecipò a quella seduta spiritica per chiedere alle anime del Purgatorio dove i brigatisti nascondessero il rapito Aldo Moro (…). Non mi parve serio, Monsieur Meglio: non mi parve rispettoso, pietoso, umano, nei riguardi di Moro che stava per essere ucciso”. La giornalista restò così sconvolta da quel racconto che supplicò “il Padreterno di tenerLa lontana dalla politica”. “Peccato che al solito il Padreterno non m’abbia ascoltato, che in politica lei ci si sia buttato senza pudore”.

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Fallaci non nasconde la sua “disistima” verso Prodi. Disistima “arricchita d’una antipatia quasi epidermica”. “Il solo udire la sua voce manierosa e melliflua m’innervosisce – scrive la grande giornalista – il solo guardare la sua facciona guanciuta e falsamente benigna mi rattrista, Monsieur. Mi rammenta la Comèdie Italienne o Commedia dell’Arte. Pulcinella e Brighella, Arlecchino e Tartaglia (…)”.

Nella lettera, Fallaci ricorda di quando Prodi vinse le elezioni e, dopo pochi anni di governo, venne spodestato da Massimo D’Alema che lo rimpiazzò a Palazzo Chigi spedendolo, di fatto, alla Commissione Ue. “E all’Unione Europea lei ci ha fatto fare non poche figuracce, Monsieur. Pensi a quella che fece con l’Eurobarometro nell’ottobre del 2003, cioè quando promosse tra i cittadini dell’Ue il sondaggio sulla legittimità-della-guerra-in-Iraq. Sondaggio con cui si chiedeva, fra l’altro, quale fosse il Paese che minacciava di più la pace nel mondo e a cui risposero 7515 persone. Però lei lo rese noto come se si fosse trattato d’un referendum plebiscitario, e in anteprima dette la risposta da cui risultava che ‘secondo il 59 per cento degli europei il paese che più minacciava la pace nel mondo era Israele'”. E ancora, Fallaci spiattella in faccia a Prodi “quella che commise, in completo dispregio per il suo incarico, inviando ai dirigenti dell’Ulivo le sessanta pagine in cui si offriva come loro leader“.

La giornalista non gliele manda a dire. “Le sue figuracce sono le nostre figuracce, Monsieur. Figuracce dell’Italia”. Come quando Hans-Gert Poettering, il capo del Ppe, gli riservò tre aggettivi durissimi: ‘Scorretto, Inaccettabile, Irresponsabile’. “Soffrii in egual misura – scrive Fallaci – a leggere l’editoriale che sul Times di Londra si concludeva con le tremende parole: ‘Mister Prodi ha rinunciato al diritto morale di guidare la Commissione Europea e ai popoli d’Europa renderebbe un miglior servigio se tornasse nel calderone della politica italiana’. Non ci mancava che lei, Monsieur”.

Fallaci, che criticava le posizioni di Prodi sul voto agli stranieri, arrivò a dire che “la sua ingordigia di potere è pari alla Sua desolante pochezza”. “Lei deve spiegarci gratuitamente quali sono i motivi per cui il voto allo straniero è un’esigenza ‘fondamentale’ e per cui oltre al voto amministrativo bisogna dargli ‘anche quello politico’”.