Politica

Sinistra in crisi sul premierato: come farà a governare senza vincere?

Il partito di Elly ha scelto la via del referendum. E allora scende in campo la schiera dei “costituzionalisti” per fare opposizione

schlein pd premierato

Continua con pezzi da novanta l’opera di distruzione della riforma che prevede l’introduzione dell’elezione diretta a suffragio universale del Presidente del consiglio. Col premierato ci sarebbe la svolta autoritaria. Poiché il Pd ha rinunciato a fare una opposizione costruttiva puntando sul referendum, ci pensano i “costituzionalisti” a fare opposizione.

Sollevo solo una domanda: viene svilito dalla riforma il ruolo del parlamento e quello del Presidente della Repubblica? Con la riforma il Parlamento non viene affatto svilito, anzi, conserva – nonostante l’elezione diretta del Presidente del Consiglio – il potere di accordare e revocare la fiducia al governo presieduto dal Presidente eletto. Nel caso in cui il Parlamento non accordasse la fiducia, il Presidente della Repubblica deve rinnovare l’incarico di formare l’esecutivo al medesimo Presidente eletto. Qualora anche in quest’ultimo caso il governo non ottenesse la fiducia del Parlamento, il Presidente della Repubblica deve procedere allo scioglimento delle Camere.

È, a mio avviso, un controsenso il voto di fiducia iniziale da parte delle Camere ad un Presidente del Consiglio eletto direttamente dal popolo. Se è eletto dal popolo, a che serve la fiducia parlamentare? Come che sia, la riforma prevede persino questo.

Significativo è il nodo dello scioglimento delle Camere. Il Capo dello Stato deve procedere allo scioglimento di entrambe le Camere qualora il Presidente del Consiglio eletto non ottenga la fiducia iniziale da parte del Parlamento, ed è obbligato a farlo in altri due casi: quando glielo chiede il Presidente del Consiglio eletto dimissionario, entro sette giorni dalle dimissioni, e quando le Camere revocano la fiducia al governo presieduto dal Presidente del Consiglio eletto. La riforma va nel senso giusto, infatti – di fronte ad un Presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini – non sarebbe corretto che il Presidente della Repubblica possa avere margini di manovra per avallare o favorire la formazione di maggioranze differenti da quella sortita e legittimata dal voto popolare.

Ciò detto, il testo della riforma conserva alcuni margini di manovra che salvaguardano Parlamento e Quirinale. Qualora il Presidente del Consiglio eletto decida di non chiedere al Capo dello Stato lo scioglimento delle Camere entro sette giorni dalle sue dimissioni, ovvero in caso di suo impedimento permanente o decadenza, il Presidente della Repubblica potrà conferire l’incarico di formare il governo – per una sola volta nel corso della legislatura – allo stesso Presidente del Consiglio dei ministri dimissionario oppure ad un altro parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio dei ministri.

L’eventualità che il Presidente del Consiglio eletto sia sostituito da un altro Presidente del Consiglio è dunque soggetta ad una valutazione politica dello stesso Presidente del Consiglio eletto, che giudicherà l’opportunità o meno di lasciare Palazzo Chigi ad altro parlamentare della sua stessa maggioranza. Nel caso in cui quest’ultimo non ottenesse la fiducia iniziale delle Camere ovvero si dimettesse, il Presidente della Repubblica deve sciogliere le Camere. In parole povere, la maggioranza andrà avanti solo se vi saranno le condizioni politiche per farlo. In caso contrario, si andrà alle urne. Non vediamo dove sia il problema. Forse, il problema è solo nella testa di chi è abituato ad andare al Governo senza vincere le elezioni.

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Con la riforma il Capo dello Stato non perde poteri, anzi, sono state addirittura ampliate le sue prerogative; infatti, il Presidente della Repubblica mantiene il potere di nominare i Ministri (e si aggiunge anche il potere di revoca), su proposta del Presidente del Consiglio eletto, esattamente come avviene da oltre settant’anni. Ma non solo. La riforma ha sottratto alla controfirma ministeriale alcuni atti del Presidente della Repubblica, il quale potrà emanarli senza il preventivo controllo da parte dell’esecutivo. Stiamo parlando della nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, della nomina dei giudici della Corte costituzionale, della concessione della grazia e della commutazione delle pene, del decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, dei messaggi al Parlamento e del rinvio delle leggi alle Camere. Un bilanciamento tra poteri che, alla luce del ridimensionamento delle prerogative del Capo dello Stato sullo scioglimento delle Camere, fa da contrappeso ai maggiori poteri del Presidente del Consiglio eletto. Inoltre, in modifica alla formulazione iniziale, il ddl cambia parzialmente il sistema di elezione del Presidente della Repubblica prevedendo che la maggioranza assoluta sia sufficiente dal settimo scrutinio e non più dal quarto.

Mi sia consentita una domanda conclusiva. Mi trovate un solo costituzionalista di rilievo che abbia criticato il colpo di stato con il quale è stato fatto cadere l’ultimo governo Berlusconi o che abbia criticato la vaccinazione forzata e la sospensione dal lavoro dei riottosi?

Paolo Becchi, 7 agosto 2024

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