La matematica non è un’opinione. Al secondo turno, nel 2017, Le Pen partiva da una base del 21,3% (cioè solo dai suoi voti ottenuti al primo turno), mentre Macron dal 50,38% (i suoi voti più quelli di repubblicani e socialisti). Questa volta Le Pen parte da una base sicura del 30,5% (i suoi voti più quelli di Zemmour), Macron dal 34,1% (i suoi voti più quelli di repubblicani e socialisti). Il presidente uscente ha dunque un bacino di voti del 16,28% in meno rispetto al 2017. Se consideriamo che Macron vinse cinque anni fa al secondo turno col 66,1%, questa volta – a bocce ferme – non dovrebbe andare oltre il 49,82%, perdendo le elezioni per un soffio.
L’ago della bilancia
L’ago della bilancia, che sulla carta potrebbe risultare decisivo per la vittoria di Macron, è rappresentato questa volta dall’elettorato di La France Insoumise. Se consideriamo che la “pancia” dell’elettorato di Mélenchon è composto da operai e gilet-gialli, una parte di questi voti andranno al secondo turno a Le Pen come voto di protesta nei confronti del presidente uscente, ma occorre vedere quanto sia ancora radicata nell’elettorato di sinistra la “pregiudiziale anti-fascista”. Non a caso ieri sera Mélenchon ha dichiarato che “neanche uno dei nostri voti dovrà andare a Le Pen”, ma è altrettanto vero che non ha dato alcuna indicazione di votare per Macron.
Questo significa nella sostanza che l’elettorato di La France Insoumise sarà lasciato libero di fare al ballottaggio ciò che vuole, soprattutto di astenersi. A Marine Le Pen, per vincere, basteranno convincere solo il 5-6% in più dell’elettorato di Mélenchon (in più rispetto al 2017) a votare per lei, sperando che gran parte dell’elettorato ex socialista che oggi vota La France Insoumise non vada a votare. A quel punto la leader di Rassemblement National potrebbe vincere le presidenziali per una manciata di voti, aiutata da un maggiore astensionismo che di solito si verifica nei turni di ballottaggio. Bisogna vedere tuttavia – il punto è decisivo – in che misura la solita retorica antifascista farà presa sull’elettorato di sinistra.
Il nodo astensione
Nelle prossime due settimane Macron tenterà in tutti i modi di convincere a votare per lui quella parte di elettorato moderato (repubblicani e socialisti) che non si è recato alle urne al primo turno. Se ci riuscisse, il presidente uscente vincerebbe le elezioni con un distacco di pochi punti percentuali. Certo è però che Le Pen non resterà a guardare, e dal canto suo cercherà di fare breccia nell’elettorato “arrabbiato” con Macron che al primo turno ha votato per Mélenchon. Le proteste dei gilet-gialli sono finite da tempo, la rabbia no. Le misure restrittive adottate durante la pandemia, con conseguente crisi economica, hanno affievolito l’appeal politico di Macron, indebolito in casa anche dai timori derivanti dalla posizione governativa sulla guerra Russia-Ucraina. Les jeux sont faits? Tutt’altro, la partita è aperta. In ogni caso, chi ha dato per morto il “sovranismo” deve ricredersi e se al ballottaggio vincesse Le Pen per il sovranismo si aprirebbero nuove possibilità anche in Italia.