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Solženicyn e la tragedia dei gulag

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Aleksandr Isaevič Solženicyn è stato uno scrittore russo. Con i suoi lavori, in particolare Arcipelago gulag, fu il primo a rivelare al mondo l’orrore dei campi di concentramento sovietici. Quest’opera di verità gli valse il Nobel per la letteratura nel 1970, ma quattro anni dopo l’Urss lo esiliò. Nel 1945, era finito agli arresti per aver osato criticare Stalin in una lettera a un amico, controllata dalla polizia segreta. Fu condannato a 8 anni da scontare in un gulag. Ecco cosa raccontava di quella terribile esperienza nel suo libro più famoso.

Sulla disperazione che coglieva i prigionieri

“A che limiti di mostruosità si deve ridurre la vita della gente, perché migliaia di uomini, nelle prigioni, nei cellulari e nei vagoni invochino, come loro unica speranza di salvezza, la forza sterminatrice di una guerra atomica!”.

Sul dramma dei detenuti liberati e spediti al confino

“È un giro vizioso: non accettano al lavoro senza un permesso di soggiorno, non danno il permesso di soggiorno se non si ha un impiego. Senza lavoro non si ha neppure la tessera del pane. Gli ex detenuti ignoravano la regola secondo la quale la Mvd [il ministero dell’Interno] ha il dovere di sistemarli al lavoro. E anche se qualcuno ne era al corrente, aveva paura di rivolgersi a quel ministero: c’era da essere messi dentro… La libertà è libertà di piangere”.

Sul fatto che l’esistenza dei campi fosse connaturata al regime sovietico

“La differenza [dei lager di Chruščёv] coi lager di Stalin non è data dal regime di detenzione, bensì dalla composizione degli effettivi: non ci sono più milioni e milioni di Cinquantotto. Ma, come prima, i detenuti si contano a milioni e, come prima, molti sono esseri senza difesa, vittime di una giustizia iniqua e cacciati nei lager unicamente perché il sistema vuole sopravvivere ad ed essi rappresentano il suo nutrimento. I dirigenti cambiano, l’Arcipelago rimane. Rimane perché questo regime statale non potrebbe sussistere senza l’Arcipelago. Se si liquidasse questo, anche quello cesserebbe di esistere“.

E infine, l’appello ai benpensanti

“Oh, pensatori occidentali «di sinistra», così amanti della libertà! Oh, laboristi di sinistra! Oh, studenti progressisti americani, tedeschi, francesi! Tutto questo è ancora troppo poco per voi! Per voi, tutto il mio libro si riduce in sostanza a nulla. Capirete ogni cosa, e di colpo, solo il giorno che – mani dietro la schiena! – partirete voi stessi per il nostro Arcipelago”.