Son tornati Seymandi-Segre: ci mancava un libro sulle corna torinesi

Il caso dell’estate 2023 compie un anno, l’imprenditrice torinese ha annunciato che scriverà un libro mentre l’ex marito ha fatto perdere le tracce

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Segre Seymandi

Sì, d’accordo, le rivolte nel Regno Unito, gli autoctoni massacrati che per di più passano in fama di estrema destra, di fasciosfera, la presa del potere islamista senza colpo ferire, sancita dal governo e consacrata dai media, le prove tecniche per il resto d’Europa, l’intolleranza sempre più montante per le vittime, le Olimpiadi più cazze del mondo, tutto bellissimo, tutto fantastico, ma vogliamo tornare a parlare delle cose serie? Di quello che veramente ci sta a cuore, a petto, a coglioni? Tanto più che a volte ritornano, anzi tutte le volte ritornano, e così ricordate, un’estate fa, il fidanzamento vanziniano dei due della “Torino bene”, chissà poi allora quella male, i danarosi che si uniscono per mollarsi davanti a 150 invitati pari censo, dunque fintamente sconcertati, in realtà carognescamente divertiti, “ti lascio libera”, e ho visto lui che sputtana lei che sputtana lui che sbomballa noi?

Ecco: sono tornati. Lei, per lo meno, la Cristina Seymandi, che un tempo fu grillina, poi centrodestra perché primum vivere, possibilmente alla grande, ed era svenuta, povera manager – era una manager, o una imprenditora, o cosa? – gli occhi sul tavolo quando il fidanzato, già ex, il Massimo Segre, versione deejay gliele cantava e gliele suonava con tanto di pippone riepilogativo delle sue scappatelle, coi ricchi si dice così, scappatelle, cose leggere, in punta di piumino? “Ah, ma non finisce qui” tuonava Cristy prima di fiondarsi a Dubai, “abbiamo troppi affari in comune”. Non era finita lì. Avvolte arieccoli, lei perlomeno. “No, con Massimo non ci siamo più sentiti”, ma siccome la comunicazione è tutto, al netto degli errori, toh, chi si rivede, la lady bionda con grandi progetti, mediatici e non: annuncia un libro, ovviamente sulla sua notevole e irripetibile vita di donna, manager, imprenditora ma soprattutto buona, come direbbe Fantozzi, naturalmente “in difesa delle donne fragili”, se con il caveau farcito è meglio, ma non decisivo: a questi che sanno come far girare i soldi, gli rimane sempre qualche milione nei risvolti dei pantaloni o nei volant della gonnella.

Si sentiva il vuoto, neh, madamin, del libro Giovanna d’Arco “a sostegno” delle cornute di tutto il mondo, unitevi. Speriamo non alla maniera che usa oggi, comunque presumibilmente ricco, ricchissimo, praticamente in mutande, di verità profonde come le seguenti: “Non potevo lasciarmi andare a stati d’animo di confusione, anche a causa delle responsabilità familiari e professionali”. “Mi ha stranito ricevere giudizi da chi non mi conosce, ma le critiche definiscono più le persone che le esprimono, piuttosto di chi le riceve”. “La vita è fatta di percorsi che possono anche cambiare: a volte insieme, ma non è per sempre, e bisogna accettarlo”. Azz!… Osho dove sei. E poi la chiosa, definitiva, scolpita nel marmo della saggezza: “D’ora in poi voglio proteggere la privacy”. E fa un libro sulle vite parallele di se stessa e medesima e lo annuncia ai giornali. “Il mio impegno nel sociale” chiarisce Seymandi, e qui l’allarme Chiara, volendo, può scattare, ma noi siamo garantisti e ben disposti e ci limitiamo a dire che comunque vada sarà un successo. Per chi, non è così urgente stabilirlo, anche perché è chiaro: per tutto il resto, c’è una credit card.

Le Cristine dei buoni affari e dei buoni sentimenti sono tutte intorno a noi, esistono per noi. Per insegnarci a stare al mondo, a bene facere a tutto giovamento de le popoulace, le cui corna sono sempre opache, sanno di fritto, di cesso e al massimo arrivano in fuga a Gropparello, a Cesenatico, in un tremolar di carne frollita dalla vita agra. Ma bando al qualunquismo censitario, qui qualcosa rimane e, ancora una volta, a volte torna: non è un poco smerigliato quel voler destinare “parte dei proventi a progetti in sostegno delle donne in condizioni di fragilità?”. Scusate eh, nun è pe’ malafede, ma uno, visti i precedenti, dati causa e contesto, di certe formule comincia ad averne anche pieni i cromosomi xy; si vorrebbe capire meglio, se non dispiace, se non offende, quanta parte dei proventi, per quali progetti, in sostegno di quali fragilità: anche con comodo, mica nei proverbiali 60 secondi del Rischiatutto, ma vivaddio siate un attimino più precisi perché, in molti sensi, abbiamo già dato. Tutta questa manfrina di annunciare cose mirabolanti, slanci sociali francescani prima ancora di avere intrapreso alcunché, “farò un libro”, salverò il mondo, e intanto non c’è ancora un titolo, una riga, niente, tutto ciò è molto influencer, molto creatore digitale, anzi virtuale, molto manager, ma la sostanza nodocazzo sta?

E va bene che a seconda della casta le prospettive cambiano e le percezioni pure, si parte dalle corna bovine dei miseri, si passa per i tradimenti dei middle vip, si transita per le scappatelle in rango Seymandi, si approda alle “distrazioni” dei presunti maniaci, ma filantropi, alla Bill Gates, amicone dei vari Epstein, Weinstein, la créme politico-finanziaria-erotica Dem, ma su questo transeat, transit e trans. Quello che resta, sono quelli che a volte, sempre, ritornano. Come volevasi dimostrare. Un’estate fa, il teatrino degli sponsali dalla distruzione creatrice, schumpeteriana, ché già i protagonisti pensavano a come monetizzare. Un’estate dopo, eccoci ai progetti filantropico-letterari, sperando non si rivelino entropici.

A noi resta una sola consolazione: almeno uno dei due, il Massimo Segre, per gli amici “alce”, è sparito per davvero, nessuno ne ha saputo più niente, non annuncia regate, giri del mondo, libri benefici, cambi di sesso, niente, niente, Dio ce lo conservi, facciamo le corna, Max non ci sei e perciò sei tutti noi.

Max Del Papa, 9 agosto 2024

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