Politica

“Sono anticomunista”. Il contro-monologo di Scurati che la Rai non leggerà mai

Tutti gli omicidi, le stragi, le repressioni che i comunisti di ieri e di oggi non hanno mai denunciato e rinnegato

© mammuth e narvikk tramite Canva.com

“La andarono a prendere in dieci, tutti squadristi titini, professionisti della violenza. Norma Cossetto, ventitreenne istriana, venne presa, catturata, violentata, torturata e da ultimo infoibata da partigiani jugoslavi, nel totale silenzio assenso di quelli italiani, comunisti. Togliatti fu immediatamente informato del delitto. Ma per i comunisti non fu mai un delitto, la giovane Norma essendo “fascista” in quanto iscritta ai GUF, come, sparsi per le varie organizzazioni del Regime, tutti gli antifascisti della nuova ora da Dario Fo a Eugenio Scalfari a Giorgio Bocca, eccetera.

In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Norma Cossetto: si commemorano anche le stragi comuniste perpetrate nella lunga coda di guerra civile e post bellica, con organizzazioni quali la famigerata Volante Rossa, che prese le mosse dal quartiere periferico milanese di Lambrate. Ancora una volta, nella assoluta inerzia del PCI. Un vizio, quello di giustificare le uccisioni “politiche” di giovani innocenti, che la sinistra comunista non avrebbe mai né perduto, né rinnegato.

Trent’anni dopo, un commando di studenti rivoluzionari aggredisce con le chiavi inglesi il diciottenne Sergio Ramelli, che era solo un povero cristo figlio di un barista: gli spalmano il cervello lungo il marciapiede e lui dura un’agonia di oltre un mese; quando spira, il Consiglio Comunale di Milano, a maggioranza socialcomunista, si leva in piedi per un lungo applauso. Tutti brindano, rivendicano. Anche per il commissario Calabresi, ucciso da Lotta Continua al culmine di una campagna forsennata, non ci furono ripensamenti ma solo esultanze. Come per i fratelli Mattei, Stefano e Valerio, 22 e 8 anni, arsi vivi da un commando comunista che poi venne fatto fuggire all’estero grazie all’attività di Soccorso Rosso.

Ma eccole le stragi più efferate, sulle quali il comunismo e il post comunismo nostrano non ha mai sollevato ciglio: Foibe, fosse di Katyn, invasione di Ungheria, di Cecoslovacchia, esecuzioni sommarie in periodo post resistenziale, ripresa ad opera delle Brigate Rosse, armate e ispirate dai movimenti partigiani comunisti, per diretta ammissione, poi di un vasto arcipelago terrorista. Senza parlare dell’appoggio a lungo acritico ai regimi sovietico, cinese, cambogiano, cubano, dove sistematica era, ed è, la pratica degli abusi e della soppressione delle minoranze, degli omosessuali, delle donne, dei dissidenti.

Ancora oggi, il Pd oscilla ambiguamente sulla rilettura del fenomeno brigatista e terrorista rosso in genere. Queste concomitanti ricorrenze luttuose proclamano che il comunismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-comunista, vinte le elezioni una mezza volta circa vent’anni fa, non ha mai mollato il potere anche ricorrendo a mezzi spregiudicati, come, da ultimo, l’instaurazione di un regime “sanitario” che, ricorrendo alla pratica delle vaccinazioni obbligatorie, alimentata dalla tecnologia del controllo e dal ricorso ai coprifuoco, oltre che a svariate altre forme di pressione e di negazione delle libertà personali, ha consentito il mantenimento del potere per almeno due anni al di fuori della Costituzione e della reale preferenza popolare, cosa che si sarebbe puntualmente confermata alla prima occasione di nuove elezioni.

E chi spingeva, in modo ossessivo, forsennato, per più restrizioni, più obblighi, più censure, più divieti? La congrega dei sedicenti intellettuali comunisti e post-comunisti, fra i quali si distingueva certo Antonio Scurati: recitava un suo farneticante appello uscito sul Corriere della Sera dell’8 gennaio 2021: “Io pretendo delle risposte. Le pretendono come me 60 milioni di italiani… Commissario Arcuri, perché l’Italia a oggi ha ricevuto solo mezzo milione scarso di vaccini?… In Cina sono stati già vaccinati 4 milioni e mezzo di cittadini…”. E via delirando. Questo gruppo dirigente post-comunista, tornando a bomba, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-comunista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.

Dopo aver evitato l’argomento in ogni campagna elettorale, la segretaria del Pd si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neocomunista di provenienza: non ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dalla sua ideologia, (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza comunista, ha candidato teppistoidi comuniste detenute in Ungheria per atti di terrorismo, ha appoggiato in modo morbido le attività di balordi e provocatori climatici, i traffici umani da Ong in combutta con scafisti e con il clero, nonché le escandescenze nelle università e nelle scuole in favore di Hamas, non ha mai detto una parola sull’eccidio del 7 ottobre perpetrato da Hamas sugli israeliani, l’antisionismo di sinistra, raccolto direttamente da Marx, resta vivo e pulsante nella cultura post o neocomunista.

Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo: ancora una volta assisteremo ad uso strumentale e spregiudicato della ricorrenza, con l’aggressione alla Brigata Ebraica, con la solita Anpi che sprezzerà il ricordo di Norma Cossetto e degli altri caduti di spranga o pistola in quanto univocamente “fascisti”, con i soliti attacchi antisionisti ma più compiutamente antiebraici. La parola che qualunque militante post e neocomunista si rifiuta di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra.

Come il Bonaccini governatore dell’Emilia Romagna, oggi in predicato di sostituire la massimalista Schlein alla guida del partito: “Non mi vergogno: sono orgoglioso”. Di cosa? Di essere stato, e di rimanere, comunista. Finché quella parola – anticomunismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del comunismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.

(Provate a far leggere questo – anche gratis – in Rai, provate a pubblicarlo sui giornali e perfino su Famiglia Cristiana…).

Max Del Papa, 21 aprile 2024

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