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Sono ecologista convinto, ma Porro fa venire dubbi anche a me

La recensione del direttore dell’Unità su La grande bugia verde

© Avesun tramite Canva.com

Prendete uno che crede abbastanza alle teorie degli ecologisti (per esempio me), mettetegli in mano il libro di Porro, controllate che lo legga tutto, e poi ditemi se qualche dubbio non gli viene. Il libro di Nicola Porro del quale sto parlando si chiama La Grande bugia verde (edizioni Liberilibri, 247 pagine, 19 euro). Ha anche un lungo sottotitolo che è un ottimo riassunto: “Gli scienziati smontano con dati reali i dogmi dell’allarmismo climatico”. Avete capito che è un libro che assomiglia abbastanza al suo autore: provocatore, diretto, polemico, anticonformista. E naturalmente un po’ fazioso. Ma pieno di dati e di racconti su avvenimenti reali.

Tutto il lavoro – realizzato con la collaborazione di 10 studiosi e scienziati, ciascuno dei quali ha scritto un capitolo del libro – è un’opera di demolizione dell’ecologismo e delle tesi green. Porro, col suo stile, non sfiora l’ecologismo col fioretto: fa proprio a sportellate. Mi è tornato in mente, leggendo questo libro, una geniale invettiva del mio vecchio amico Marco De Marco, ex direttore del Corriere del Mezzogiorno e che ho sempre considerato uno dei migliori giornalisti della mia generazione. È un episodio di una trentina, anzi trentacinque anni fa. Lavoravamo all’Unità, il direttore era Gerardo Chiaromonte, convinto nuclearista, e il condirettore era Fabio Mussi, antesignano delle battaglie verdi e fieramente anti-nuclearista. In quel periodo non si parlava d’altro. Era sul nucleare la grande divisione tra ambientalisti e industrialisti. Un giorno, nel mezzo di una accesissima discussione in riunione di redazione, Marco non si tenne e sbottò: “Ci sono due categorie di persone che io non sopporto: i nuclearisti e gli antinuclearisti”. Risero tutti. La risata di Chiaromonte e di Mussi fu un po’ forzata.

Scusate la digressione. Ma l’idea di Marco credo che fosse un po’ quella che è venuta a me alla fine della lettura di questo libro: mah, chissà se qualcuno dei due contendenti ha ragione…. La tesi di Porro è semplice e interessante. La dividerei in due parti, riassumendola in sintesi estrema. La prima parte è la contestazione di tutte le teorie (ma proprio tutte) che sostengono sia in corso un cambiamento climatico, che porterà a un disastro o forse anche alla morte della terra, e che questo cambiamento climatico è determinato dall’attività dell’uomo, e che quindi sia necessario limitare e controllare l’attività dell’uomo. La seconda parte consiste nella tesi che sui temi ambientali non esista informazione libera, e che quasi tutto ciò che viene scritto sulla stampa, o detto in tv e sulla rete sia clamorosamente falso. Porro, con l’aiuto di alcuni scienziati, sostiene che il cambiamento climatico, se c’è, dipende esclusivamente dalla natura.

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Sostiene che la storia del CO2 è una balla colossale. Sostiene che l’eruzione di un vulcano ha contraccolpi evidenti, anche se non gravissimi, mille volte superiori alla corsa a 100 all’ora delle automobili di tutto il mondo dal giorno nel quale sono state inventate fi no ad oggi. E poi porta una serie di esempi di fake news pubblicate dai giornali un po’ per malafede un po’ per pigrizia e per abitudine a seguire il senso comune vincente. Partendo da qui si scaglia – su questo credo di essere perfettamente d’accordo con lui – contro l’invenzione del termine “negazionismo” usato per zittire chi prova a criticare le teorie ecologiste. L’uso di questo termine vuol dire equiparare opinioni e forni crematori. Infine Porro paragona il violento conformismo filo-green con l’atteggiamento della Chiesa persecutorio verso Galileo Galilei che contestava – avendo ragione – la verità trionfante del pensiero unico di allora (Porro fa parte di quello sparuto drappello di intellettuali che conosce la data di nascita e quella di morte di Galilei…).

Nell’ultima parte del suo lavoro Porro racconta come settori importanti dell’economia si siano lanciati con spirito speculativo sul green, producendo vantaggi notevoli per le loro proprie tasche e danni economici incalcolabili per la società. Gli scopi di questo libro sono due. Uno scientifi co e l’altro politico. Sul piano scientifico si tratta solo di mettere dubbi su dubbi sulla serietà delle denunce ecologiste e sul modo nel quale hanno conquistato stampa, partiti, imprese e Tv (tra l’altro il libro smonta la tesi secondo la quale il 97 per cento degli scienziati sarebbe d’accordo sulle tesi ecologiste). Sul piano politico invece scatta la rabbia del liberale a 100 carati (o forse più) che non sopporta di dover assistere ai danni che l’ecologia produce per il libero mercato che lui, ovviamente, considera il baluardo della libertà tout court.

La sua battaglia è per ristabilire le regole liberiste, che con l’ecologismo (e con le normative europee) sono incompatibili. Ci sono, dietro al libro, due elementi che ogni tanto affi orano. Uno è il garantismo. Diciamo pure il garantismo cosmico. Porro si appella al diritto al dubbio sulla colpevolezza dell’uomo. E qui capite che fa vacillare molte mie certezze. Per me, e credo anche per Porro, il garantismo prevale su ogni altro valore. E il dubbio vince sempre ed è favorevole al reo. Il secondo elemento è lo “psicologismo”. Cioè Porro sospetta che le teorie green siano servite all’Occidente come surrogato di una gigantesca psicoanalisi collettiva, che consente al mondo sviluppato di scaricarsi dai complessi di colpa e dai traumi infantili.

Qual è il punto debole del libro? Il dubbio sul dubbio. Mi spiego meglio. Dopo aver ragionato e ammesso che alcune cose che Porro scrive hanno un senso, ho pensato: ma se invece avesse torto? Se avessero ragione i più estremisti tra i verdi che sostengono che se non ci fermiamo andiamo all’armageddon? Capite che se facciamo come dicono gli ecologisti, forse sbagliamo tutto, ma produciamo solo dei danni all’economia. Se facciamo come dice Porro e poi scopriamo che Porro ha torto, andiamo alla fine del mondo. E quando saremo tutti morti non potremo nemmeno rinfacciarglielo…

Piero Sansonetti, L’Unità 13 luglio 2024

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