Wanted dead or alive. Non sapevo di essere un main offender, il peggior delinquente, ma per i social democratici e politicamente corretti evidentemente non vado bene né vivo né morto; meglio morto, comunque. In due settimane mi hanno fatto fuori due volte: la prima da Youtube che ha eliminato una intervista con l’amico Giulio Cainarca, direttore di Radio Libertà, il quale mi interpellava sul linfoma appena scoperto: avendolo io messo in possibile relazione con la doppia dose vaccinale, ciò che peraltro molti medici non si sono sentiti di escludere (da 40 giorni vivo di sale operatorie, esami, analisi, luci al neon), subito il social dei filmati ha provveduto a eliminarmi a prescindere. Posso assicurare che non c’è niente di più umiliante, di più degradante che ritrovarsi cancellato, quasi una metafora, in quanto malato: ma il vaccino non si tocca, non si nomina invano, si può solo evocare per dire che fa crescere sani e conferisce superpoteri da Uomo Ragno. Ma la sorpresa ancora più grossa arriva da Facebook, che mi avverte con la sua solita gentilezza subdola, frigida, da gerarca nazista, di avere rimosso un mio recente post nel quale facevo sapere di avere un libro, autoprodotto e distribuito su Amazon, dove stava funzionando piuttosto bene.
Non ho capito bene, questa volta, la mia colpa: “Sembra che tu abbia cercato di ottenere ‘mi piace’, follower, condivisioni dei video in modo fuorviante”. Non sapevo fosse fuorviante far sapere di avere scritto un libro: a questa stregua non esisterebbero i Ferragnez, gli influencer in genere e neppure il generale Vannacci che ha fatto la stessa operazione, ricavandone un milione di euro in meno di un mese. Non sapevo neanche che i post si fanno per non ottenere neanche un ‘mi piace”. E non sapevo che informare circa un libro, cioè quello che faccio per campare (anche se ai social dà fastidio che io campi), equivale a ottenere follower “in modo fuorviante”. L’ho scoperto, ma non ne sono ancora convinto: non sarà forse che il mio libro si chiama “Eurostyle – trenta anni di mascalzonate contro il Paese più bello del mondo” e si risolve in un atto d’accusa, meticolosamente documentato, contro l’Unione Europea?
E fanno due. Due volte che mi ammazzano in due settimane. Sempre democraticamente, sia chiaro. Cos’è, una metafora? Un desiderio? Un auspicio? E, di grazia, come dovrei fare a far sapere che ho scritto un libro, posto che, da autoprodotto, difficilmente qualcuno se ne occupa, mi invita a presentarlo eccetera? Cos’è, un crimine essersi messi su Amazon con un libro? Eppure su Facebook e i suoi derivati si trova serenamente pubblicizzato di tutto, dalla pedofilia alle armi, dalle droghe alla pornografia più efferata, dalle aberrazioni sparse agli inviti a fare stragi. Si trovano le gesta insulse e omicide delle “sfide estreme”, la blasfemia satanica, le menzogne più sfrenate, le pubblicità più invereconde. L’unica cosa che è intollerabile, è il libro, fatto in casa, di un giornalista che non accetta di essere “servo dell’Europa” come con espressione estatica dice il nostro Romano Prodi. Wanted, dead or alive: non era ancora successo a nessuno, sono pericoloso, sono un nemico pubblico numero uno, talmente scomodo da fare impallidire perfino Vasco. Solo che non me n’ero accorto mai.
A questo punto, non resta che concludere col disprezzo: siete dei mentecatti, tutti, i social, chi li possiede, chi li amministra, gli algoritmi, i debunker (ci stanno loro, dietro queste porcate di stampo mafioso, ha voglia qualche direttore spocchioso a rispondere “noi facciamo quel cazzo che ci pare”: lo sappiamo perfettamente, ma è un modo di agire da vigliacchi). E questo non è neanche fascismo, siamo più al Sillabo, alla messa all’indice, al rogo preventivo. Credo, nel mio piccolo, di essere l’unico caso di rimozione a priori, in automatico, il prototipo della censura a prescindere. Insomma, quando muori, Max Del Papa? Adesso, io non vorrei farla tanto lunga ma sto già lottando contro una malattia non esattamente lieve: ritrovarmi ogni volta fatto fuori virtualmente, assume uno sgradevole, amarissimo sapore di sciacallaggio, quasi una allegoria. Poi, non si diceva che i social servivano proprio a veicolare opinioni, informazioni, a far sapere di esistere? Quale caso più classico quale uso più tipico di uno che, avendo scritto un libro, si affida ai social per farlo sapere, eventualmente per venderlo? Ma per i signorini senza faccia di Facebook, tanto si risolverebbe ad ottenere ‘mi piace’ e follower, cioè i meccanismi tipici del social, “in modo fuorviante”. Perché fuorviante non si sa, nessuno lo spiega: rimosso, fatto fuori e basta.
Se questa vi pare ancora democrazia, giudicate voi. Se vi pare rispetto umano, decidete voi. Io ormai ci sono abituato, e, anche se fa schifo, non me ne sorprendo più; direi comunque che l’attitudine a soffocare, a bruciare, a impedire, a “uccidere” si sta vertiginosamente esaltando, è in crescita esponenziale: e questo, potenzialmente, riguarda chiunque. Alla faccia del bicarbonato di sodio e pure del liberalismo. Non cerco e non mi aspetto solidarietà, perché è umano scuotere la testa e pensare ai fatti propri: disgraziatamente, i fatti miei qui sono fatti di tutti: non posso dire di essere (seriamente) malato, non posso affermare di essermi vaccinato a suo tempo, non posso fare un saggio dove spiego con dovizia come e perché questa Unione Europea non mi piace: che ne dite? Non è qualcosa di lugubre, di minaccioso, qualcosa che, uscendo dal mio sfigatissimo caso personale, mette un brivido d’angoscia, mentre già sembra di sentire il sottofondo la canzoncina “sarà capitato anche a voi…”?
Max Del Papa, 9 ottobre 2023