Sopra la panca la Egonu campa, ma campa male perché a nessuno piace fare la riserva, figuriamoci a una primadonna come Paola, la lunga della pallavolo. Ma i tempi cambiano e sono duri per gli intoccabili, cui non serve più neanche andare a Sanremo rigidi e incazzati come la Giustizia offesa a dar dei razzisti agli italiani, sottorazza con cui non figliare. Tornata in patria, perché le piaccia o meno “Padua me genuit” e l’Italia è roba sua e lei all’Italia appartiene, dalla fallimentare spedizione in Turchia, arriva a Milano a 1 milione d’ingaggio, fatti salvi i premi e gli sponsor; ma dalla Nazionale resta fuori, lei, la divina, neanche più titolare. Così che al volley bar si dividono, si ubriacano di congetture: il coach Mazzanti è un pazzo? Un razzista, un meloniano? Ma no, l’ha sostituita con la Antropova, una russa; allora è un putiniano di merda; e chi lo sa, come minimo è un terrone maledetto, uno sporco marchigiano e se ve lo dice chi scrive, potete credergli. E va beh, ti sembra una notizia questa? Non hai di meglio di cui occuparti? Ma siccome di cosa scrivere non lo decide il troll comunista con dieci nomi, sì, per me è una notizia e aggiungo che dà una gran gioia occuparsi delle defaillance di chi si crede infallibile.
Da non credere: la suprema, la inarrivabile, la Rosa Park del bagher relegata a comprimaria. Se poi sia perché è fuori forma, perché, specchio specchio delle mie brame ha trovato chi è più brava di lei, o magari semplicemente perché non si allena a dovere, distratta dagli imperativi del “tutto e subito”, come da tatuaggio programmatico, questo il marchigiano infame lo scoprirà solo giocando, vedendole giocare. Basta che non arrivino a dire, ma già cominciano, che è razzismo, che Paola non si tocca, che lei “è”, ontologicamente. La mossa di Mazzanti in effetti ha stupito molti, anche, prenda nota Mancini, per la totale mancanza di riguardo, a quanto si è capito, per le ragioni della pubblicità, degli sponsor, degli agenti, delle televisioni, degli affari, delle logiche geopolitiche, dei cambiamenti climatici: qui si pensa solo a giocare, possibilmente a vincere e la formazione la decido io. Avercene. Di più: finito il match contro la Romania, con la russa Ekaterina a pieno regime e l’italica Paola a scartamento ridotto, il mister ha confermato che questa è la sua idea di formazione-tipo. L’esordio, peraltro facile sulla carta, gli ha dato ragione, 3-0 e avanti il prossimo, poi si discetta di doppi cambi, di mutamenti di ruolo, questa a schiacciare l’altra opposto, del resto la stressata, anti-razzista Egonu aveva già ventilato, o minacciato, di volersi prendere una pausa dalla Nazionale: servita. Qui o si rifà l’Italvolley femminile o si muore. Avercene.
Se le cose andranno bene, sarà merito del manico, altrimenti Mazzanti avrà la totale libertà e responsabilità di quello che combina: per il momento, limitiamoci a prendere atto che un allenatore di pallavolo ha osato quello che in Italia è proibito dai tempi della staffetta Mazzola-Rivera: fare il suo mestiere, tirar dritto sulle sue idee, non ascoltare nessuno. Ricordiamo un solo precedente nell’ultimo mezzo secolo, si chiamava Bearzot, come andò a finire non lo dimenticheremo mai. Sopra la panca Paoletta arranca, il cronista è una brutta persona e se la ride all’idea di una che s’impanca a coscienza collettiva e finisce in panca. Come si diceva nel capolavoro immortale “Bulldozer”, con Bud Spencer, Jerry Calà e Gegia: “Non sono solo le mele marce a rovinare le squadre, ma anche le primedonne”. O Egonu si rimette a giocare da campionessa, o le resta la militanza, vale a dire la pubblicità. Ma come sarebbe bello un paese di Mazzanti moltiplicati per tre e quattordici nei posti di comando: perché a volte non ci sono solo le mele marce e le primedonne a guastare tutto, ma pure i mister supponenti, acconciati e un po’ troppo sensibili a quelle ragioni che la ragione conosce troppo bene ma il campo no, i bellocci e possibili con quel sapor mediorientale che ha perso, purtroppo, il profumo di marchigianello ruspante.
Max Del Papa, 17 agosto 2023