Liturgia del terrore

Sorpresa: il long Covid in realtà è breve

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“Il long Covid ha vita breve, dopo sei mesi molti problemi scompaiono”. Questo il titolo di un dettagliato articolo pubblicato su Repubblica, in cui si dà conto di un approfondito studio condotto in Lombardia su un campione di 50 mila soggetti contagiati durante la prima ondata e guariti entro il 30 giugno del 2020.

In estrema sintesi nello studio – realizzato dal Policlinico e dall’Università di Milano, dall’Ircss Multimedica, dalla Regione e dall’Istituto Mario Negri – viene smentito ciò che gli stessi autori avevano segnalato in una prima analisi pubblicata sul Journal of Internal Medicine, nella quale sembrava manifestarsi l’ombra sinistra di un long Covid dagli esiti gravi e imprevedibili. Si sosteneva, infatti, che chi era stato ricoverato per Covid, ma poi era stato dimesso, in un caso su 5 era dovuto tornare in pronto soccorso entro sei mesi per motivi diversi dall’infezione. Il 15% dei pazienti finiti in terapia intensiva per il coronavirus e poi usciti aveva subito un nuovo ricovero, sempre entro sei mesi. L’1,2% dei contagiati, anche con sintomi leggeri, era poi deceduto per cause non direttamente legate all’infezione. Anche quando si supera – era il messaggio finale – il Covid lascia strascichi sulla salute che pesano sul singolo individuo, e anche sul sistema sanitario.

Ma sei mesi dopo la situazione si ribalta. In altro articolo sempre pubblicato sulla menzionata rivista internazionale, Pier Mannuccio Mannucci, professore di medicina interna della Statale, scrive che “almeno per quanto riguarda i sintomi più importanti, quelli che richiedono l’assistenza ospedaliera o del medico di famiglia, il long Covid non dura molto. I parametri dei 50 mila contagiati della prima ora sono tornati ai livelli medi che precedevano la pandemia. “Certo – aggiunge Mannucci – noi non teniamo conto di sintomi più soggettivi, come ansia o stanchezza. So di persone che continuano a lamentare malessere anche dopo molti mesi” .

Ora, la stupefacente scoperta di questi scienziati sembra sfatare uno dei principali capisaldi della politica del terrore virale, la quale ha consentito di far accettare a gran parte della popolazione italiana le più assurde e odiose misure restrittive adottate nel mondo avanzato. Ossia l’idea di trovarci di fronte ad una malattia totalmente anomala rispetto a tutte quelle provocate da altri virus respiratori e che, proprio per questo, non poteva essere affrontata con la stessa, acquisita metodologia. Quasi che fosse una sorta di possessione demoniaca – e in effetti sul piano della psicologia di massa è così che si è diffusa la paura dell’infezione da Sars-Cov-2 ,  si è fatto passare il messaggio secondo il quale il mefistofelico contagio costituiva una sorta di dannazione eterna e, per questo, da evitare come la peste.

Tant’è che ancora oggi molti operatori dell’informazione tendono a sopravvalutare enormemente un virus che per le persone sane non è mai stato un grande problema. Basti pensare che, durante una diretta dei Campionati europei di atletica, in corso a Monaco di Baviera, un noto commentatore della Rai ha attribuito agli strascichi del Covid la pessima performance di un quattrocentista italiano eliminato in semifinale. Per la cronaca, lo stesso atleta, risultato recentemente positivo al tampone senza sintomi, ha poi sostanzialmente smentito in un’intervista la correlazione spuria tra la precedente positività e la sua non ottimale prestazione, attribuendola alla stanchezza accumulata e ad un eccesso di tensione pre-gara.

Inoltre, sempre in tema di scoperta dell’acqua calda, il fatto che all’inizio di questa oscura vicenda sanitaria alcune persone ricoverate in precedenza con il Covid-19, dopo essere state dimesse erano costrette a tornare in ospedale non sembra un elemento degno di nota. Come difatti spiegò il professor Roberto Bernabei, poi dimessosi dal Comitato tecnico scientifico, trattandosi di una malattia che colpisce essenzialmente le persone molto anziane e molto malate, non ci vuole un genio della medicina per capire che una frazione di costoro, alle prese con una influenza particolarmente cattiva, avrebbe poi subito un ulteriore ricovero.

Senza poi considerare la potenza malefica della suggestione terrorizzante che ancora oggi il giornale unico del virus continua ad esercitare nell’immaginario collettivo, ricordandoci h24 che il virus è sempre vivo e lotta insieme a noi. Un messaggio abbastanza insensato che, oltre a portare acqua al mulino politico di chi ha speculato sulla salute degli italiani, non può che stimolare i soggetti più paranoici a recarsi al pronto soccorso anche solo per un forte raffreddore. Altro che long Covid d’Egitto, dunque. Qui di long c’è solo un delirio sanitario senza precedenti che, malgrado la crescente evidenza dei dati e degli studi scientifici, è veramente duro a morire.

Claudio Romiti, 19 agosto 2022

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